“Pedalo per vivere”: la vita di Calcagni in lotta contro il veleno dei metalli pesanti

14 Feb 2018 18:17 - di Gloria Sabatini

La grande stampa lo ignora perché è un tipo scomodo. I piani alti della Difesa lo tollerano a fatica. La burocrazia italiana lo perseguita perché non guarda in faccia nessuno: neppure un pilota elicotterista, un colonnello al Ruolo d’Onore dell’Esercito, vittima di contaminazioni da metalli pesanti durante una missione nei Balcani nel ’96.

Lui è Carlo Calcagni, testardo, ciclista plurimedagliato, coraggio da vendere. Non si arrende. E non lo ha fatto neppure martedì scorso, quando la compagnia aerea Ryanair lo ha fatto scendere dall’aereo per “colpa” dell’ossigeno con il quale è costretto a convivere 24 ore su 24. Un impiegato ottuso e un comandante (ossessionato dalla sicurezza?) lo hanno bloccato infischiandosene del concentratore di ossigeno acquistato a 5mila euro proprio per le caratteristiche tecniche compatibili con il volo (tra l’altro la stessa compagnia area lo aveva imbarcato solo poche settimane fa). Primo gli hanno fatto togliere l’ossigeno e mettere nel bagaglio, poi è stato fatto scendere.

Ryanair blocca il colonnello Calcagni

La notizia circola in fretta sui social in un tam tam di commenti sdegnati, ma nessun titolo di giornale, nessuna iniziativa politica per chiedere lumi sull’incidente. A dare lo start alla protesta virale un amico reporter di Calcagni, Michelangelo Gratton, che dalla sua bacheca Facebook ha acceso la miccia con un post lapidario: “Ryanair non vuole far partire il colonnello Calcagni per via dell’ossigeno…”. «A quel comandante di quell’aereo Ryanair – scrive Gratton impegnato in un film sulla vita del colonnello che “vuole solo correre”– dico che si dovrebbe inchinare di fronte a un pilota molto più valoroso e coraggioso di lui, che ha dato la vita per il suo paese, per uno stipendio molto più misero del suo, senza assistenti di volo ma con le mani insanguinate dai feriti. A quell’impiegato zelante dico solo di vergognarsi per non aver avuto il coraggio, la buona volontà e il buon senso di capire la situazione e di sostenere un Uomo provato nel corpo e nello spirito come pochi». Ma Calcagni non ha mollato e alla fine è partito con un volo Alitalia. Una giornata d’inferno e tanta rabbia in corpo.

Con la sua bici è tornato a vivere

Un calice amaro. L’ennesimo. Ma Carlo Calcagni è un combattente. Malgrado le sofferenze fisiche, le cure quotidiane, l’ossigeno 24 ore al giorno, è tornato a vivere grazie alla sua passione sfrenata per la bicicletta, compagna di strada e di avventure. È la sua adrenalina, la sua carica. Le contaminazioni da metalli pesanti non si vedono ma sono in ogni cellula del suo corpo. Ma lui si allena come un pazzo, pedala, scrive, fa convegni. Dal 2002 soffre di una patologia invalidante dal nome minaccioso: la sensibilità chimica multipla. È lui stesso a parlarne su Ability Channel: «Diventi sensibile a tutto ciò che è chimico, anche agli odori. Sebbene per i problemi neurologici non sento ne odori, né sapori, così come non sento caldo e freddo a livello cutaneo, però ne sento fortemente le reazioni perché si hanno crisi respiratorie, inizi a vomitare,  puoi avere uno shock anafilattico, infatti devo andare sempre in giro con la siringa di adrenalina; non puoi stare a contatto con altre persone solo perché si sono lavate con un sapone normale che contiene odori o profumi. È qualcosa di veramente terrificante. Il fumo della sigaretta, lo smog, i gas di scarico di una macchina». Tiene a bada la malattia con sette iniezioni al giorno, 175 sostanze che fungono da antidoti, e pedala. Pedala. Contro i ladri di sogni, le pastette burocratiche, le discriminazioni ottuse, il bla bla del politicamente corretto, la disgustosa retorica da operetta.

Lo sport, il volo e la Folgore

Carlo nasce e vive i primi sei anni della sua vita in Germania con la famiglia, al ritorno in Italia gli scoppia la passione per il volo e per la folgore. Una stagione unica fatta di sport, adrenalina, sogni. Nuoto, pattinaggio, judo, atletica e pentathlon militare. È instancabile. Ma è il ciclismo a sedurlo e con la sua bici combatte la contaminazione da metalli pesanti e annusa la vita. Nel ’96 a  Sarajevo, come pilota elicotterista, è l’unico addetto al servizio di evacuazione medico-sanitaria, presta soccorso ai corpi dilaniati dalle bombe e recupera le salme di caduti. Al ritorno si sposa, fail  pilota-istruttore a Viterbo, fino al 2002 quando compaiono i primi sintomi della malattia. Nel 2005 il verdetto che non lascia scampo: “Nel 1996, operando in regioni belliche, il Capitano Carlo Calcagni è stato esposto verosimilmente a contaminazioni da metalli pesaniti”. Ma lui la vita se la vuole sentire addosso: diciotto ore al giorno di ossigenoterapia, trecento compresse, due ore di camera iperbarica, quattro ore di flebo, sette iniezioni, ventilatore polmonare. Senza stellette, senza encomi, non smette mai di pedalare e nel 2010 entra a far parte del corpo degli atleti paralimpici. Medaglie e tanto sudore. «Io voglio vivere e voglio farlo fino in fondo. Non ha importanza se sarà per un giorno, per un mese, per un anno o più, quello che conta per me è vivere intensamente…». La migliore dedica a quei pigmei con la divisa della Ryanair.

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