Myanmar, il rientro dei Rohingya era solo una finta del regime socialista

8 Feb 2018 15:46 - di Redazione

La devastante campagna delle forze di sicurezza di Myanmar contro i Rohingya nello stato di Rakhine non è affatto terminata. Lo denuncia oggi Amnesty International pubblicando nuove prove sulle violazioni dei diritti umani ancora in corso e che nelle ultime settimane hanno costretto centinaia di persone alla fuga. Alla fine di gennaio, Amnesty International ha intervistato 19 rifugiati rohingya appena arrivati in Bangladesh. Hanno descritto una realtà di fame, sequestri e saccheggi di proprietà. Le organizzazioni umanitarie hanno documentato migliaia di nuovi arrivi tra dicembre e gennaio e in molte giornate sono decine le persone che attraversano il confine. ”Protetto da menzogne e smentite ufficiali e da una strategia coordinata di diniego dell’accesso a investigatori indipendenti, l’esercito di Myanmar continua a compiere crimini contro l’umanità che restano impuniti”, ha dichiarato Matthew Wells, Alto consulente sulle crisi di Amnesty International, appena tornato da una missione di ricerca in Bangladesh. ”Le forze di sicurezza di Myanmar stanno portando avanti un piano per allontanare dal Paese il maggior numero possibile di persone. In assenza di un’azione internazionale più efficace, questa campagna di pulizia etnica proseguirà la sua marcia disastrosa”, ha aggiunto Wells. L’obiettivo dell’esercito – denuncia Amnesty – pare essere quello di rendere il nord dello stato di Rakhine invivibile per la residua popolazione civile rohingya, dopo che la campagna militare lanciata lo scorso agosto – dopo una trentina di attacchi a postazioni dell’esercito da parte del gruppo armato chiamato Esercito di salvezza Arakhan – ha causato la fuga in Bangladesh di oltre 688.000 persone. I militari si sono resi responsabili di crimini contro l’umanità – sostiene l’organizzazione – tra i quali uccisioni di massa di donne uomini e bambini, stupri e altre forme di violenza sessuale contro donne e ragazze, deportazione di massa e sistematici incendi dei villaggi. Le persone recentemente arrivate in Bangladesh hanno subito tutto questo mentre cercavano di proteggere le loro proprietà e tutelare il loro diritto di vivere nei loro villaggi. I nuovi arrivati hanno raccontato che è stata soprattutto la fame, frutto di una deliberata strategia dell’esercito di Myanmar, a spezzare la loro determinazione a rimanere nei villaggi. Il culmine è stato il divieto loro imposto di raggiungere i campi di riso nel momento della raccolta, tra novembre e dicembre. I soldati hanno anche preso parte, o lo hanno almeno facilitato, al furto del bestiame e all’incendio dei mercati locali, impedendo l’accesso agli altri centri di vendita. Tutto questo ha devastato il livello di vita dei rohingya e ha provocato una profonda insufficienza alimentare.

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