Il trascinatore Berlusconi: «Vittoria vicina, ma il 40 per cento non ci basta»

25 Feb 2018 19:06 - di Valerio Falerni

È un Silvio Berlusconi in palla quello che ha dovuto faticare per fare il suo ingresso al teatro Manzoni di Milano, dove ha concluso i lavori della convention elettorale organizzata da Forza Italia. Il locale fa registrare il tutto esaurito. Moltissimi restano fuori. Sul palco, anche Adriano Galliani, già ad del Milan e ora candidato in Lombardia.

Gremitissimo il teatro Manzoni di Milano

«Se dovessi svenire non spaventatevi. Sono già svenuto due volte qui al teatro Manzoni, ma mi sono subito ripreso», è l’esordio scherzoso del Cavaliere. Seguito subito da un «messaggio alle folle» che rende perfettamente l’idea di quanta importanza il centrodestra annetta al tema fiscale: «Noi non aumenteremo l’Iva né nel 2018 né nel 2019». Il tema delle tasse è solo l’aperitivo. A scaldare davvero i cuori è il riferimento ai sondaggi (dal 16 febbraio ne è vietata la diffusione), il vero pezzo forte del repertorio di Berlusconi. Che non si smentisce: «Poco fa – racconta – noi eravamo al 39 virgola qualcosa percento. Ma da indagini private che abbiamo fatto fare noi abbiamo superato di poco il 40, ma non ci basta. E la differenza fra una maggioranza risicata in parlamento e una maggioranza forte. Vogliamo un grande maggioranza». Che anche questa volta abbia fatto centro è testimoniato dal lunghissimo applauso partito dalla platea.

Berlusconi attacca Travaglio: «Dirige il Falso Quotidiano»

Ma c’è spazio anche per una polemica contro Marco Travaglio, il direttore del Fatto Quotidiano (Il Falso Quotidiano, ironizza Berlusconi). Una polemica innescata da alcuni servizi di quel giornale in cui si accusa il leader di Forza Italia di aver pagato la mafia. «Un’ infamia», replica a muso duro il Cavaliere, che aggiunge: «Io sono stato al contrario una vittima della mafia. Lo siamo stati io, i miei figli e le mie aziende». Infine, una stilettata ad Angelino Alfano: «Per 12 anni – ricorda – come mio assistente ha sempre tifato Milan. Poi l’ho visto a una partita Juve-Benfica disperarsi perché la Juve aveva preso un gol. Allora ho fatto una mia indagine ad Agrigento e ho scoperto che era juventino scatenato dalla nascita. In politica – è la sua conclusione – bisogna far sapere quando non si è d’accordo. È una questione di decoro».

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