Omicidio Fragalà, gli “aggiustamenti” di un imputato e la verità del pentito

22 Gen 2018 17:00 - di Paolo Lami

A tre giorni da quella che sarà, forse, una delle udienze più importanti del processo per l’omicidio di Enzo Fragalà, l’avvocato e parlamentare di An assassinato a colpi di bastone dalla mafia il 23 febbraio 2010 perché “colpevole”, agli occhi di Cosa Nostra, di convincere i suoi clienti ad aprirsi ai magistrati, l’attenzione è puntata non solo sulle dichiarazioni che farà in aula, quel giorno, il 25 gennaio prossimo, il pentito delle cosche Francesco Chiarello, le cui confessioni, riscontrate, sono alla base del procedimento penale che vede imputati, per l’omicidio, 6 mafiosi dei mandamenti di Porta Nuova e Borgo Vecchio, ma, soprattutto, sui racconti della moglie, Rosalia Luisi, attualmente sotto protezione. Anche lei sarà sentita in udienza dopodomani a Palermo. E’ lei che ha convinto suo marito Francesco Chiarello a collaborare con i magistrati. Ed è lei che vide uno dei killer di Enzo Fragalà, Francesco Castronovo, detto “il coccodrillo“, grande amico del marito, entrare a casa sua, sporco di sangue e sconvolto, subito dopo il pestaggio.

«La sera del pestaggio (Castronovo, ndr) venne a mangiare da noi… era tutto sporco di sangue… con i miei occhi a casa mia è entrato… il giubbotto, la camicia e i jeans», racconta la Luisi al pm Malagoli che la interroga il giorno dopo aver verbalizzato le dichiarazioni del marito Francesco Chiarello.
Rosalia Luisi sa come sono andate le cose perché il marito l’ha già messa al corrente della vicenda dell’aggressione mortale a Enzo Fragalà. Ma chiede, comunque, a Castronovo cos’è accaduto: «Ma cosa hai fatto, hai litigato?». «Anche se io già lo sapevo da mio marito…», spiegherà al pm Malagoli.

E Castronovo, il killer che si è accanito con un bastone su Enzo Fragalà fino ad ucciderlo? «lui dice.. no ‘sicuramente questo (cioè Fragalà, che morirà, per le gravi ferite riportate, 3 giorni dopo, all’Ospedale Civico di Palermo, ndr) sarà morto’ però non indicando chi… era sconvolto… ‘sicuramente è morto’, dice ‘l’ho ammazzato’…».
«Mio marito si è messo le mani in faccia… – ricorda al pm la Luisi – (Castronovo, ndr) si andò a cambiare, dice ‘sto andando a buttare le cose’ sporche di sangue».

I due escono per andare in un pub e al loro ritorno a casa, Rosalia Luisi è lì che li sta ancora aspettando sveglia. Racconta ai pm: «Castronovo era tutto ubriaco… ebbe uno sfogo che aveva fatto questa cosa che era stanco… che Ingrassia con Siragusa lo avevano rovinato».

Antonino Siragusa e Salvatore Ingrassia sono oggi alla sbarra, imputati, assieme ad altri 4 mafiosi fra cui lo stesso Francesco Castronovo, per l’omicidio di Enzo Fragalà, inchiodati non solo dalle parole di Rosalia Luisi e del marito Francesco Chiarello ma, anche dalle intercettazioni fatte dai carabinieri del Nucleo investigativo e dalla sezione Catturandi della polizia di Palermo. Oltreché dalle telecamere del negozio Mail Boxes di via Nicolò Turrisi che li riprendono, per due volte, poco prima e poco dopo l’omicidio Fragalà, mentre passano proprio lì, sul luogo dell’agguato. Una perizia biometrica non ha lasciato spazio ai dubbi. Sono proprio loro. I vestiti sequestrati in casa ai due collimano con quelli delle immagini delle telecamere. Perdipiù le analisi delle celle telefoniche confermano: sono in zona anche se si premurano, ovviamente, di spegnere i cellulari prima dell’agguato per poi riaccenderli a cose fatte.

I racconti fatti da Rosalia Luisi ai magistrati – racconti poi, successivamente, confermati dal marito pentito, Francesco Chiarello – trovano un’ulteriore conferma nelle intercettazioni fatte nel carcere di Pagliarelli, durante i colloqui fra i due coniugi inconsapevoli di essere ascoltati: «Ma che hai combinato, hai coperto a quello hai coperto…. – si inalbera la Luisi rivolta al marito che protegge, inizialmente, l’amico Francesco Castronovo – hai mentito del “coccodrillo” (soprannome di Castronovo, ndr) perché se tu mi dicevi a me che hai mentito del “coccodrillo” succede il bordello.. perché se io do una versione tu ne dici un’altra… cioè la dici e non ci metti a lui che fa babbii?». Che fai? Scherzi?

Castronovo e Chiarello sono molto amici. E infatti il pentito, inizialmente, cerca di tenere fuori Castronovo dalle ricostruzioni dell’omicidio di Enzo Fragalà che fa ai magistrati. Ma poi racconta la verità coinvolgendo, appunto, anche Castronovo. Che cerca di difendersi così di fronte ai magistrati: «Si è vendicato perché avevo una relazione con sua moglie…». Rosalia Luisi, appunto.

Ma Chiarello non è l’unico a cercare di tenere, almeno inizialmente, fuori dalla questione quanto più possibile Francesco Castronovo. Anche Antonino Siragusa fa la stessa cosa.

Di fronte alla dichiarazioni di Chiarello che chiamano in causa lui e gli altri 5, Siragusa dà, ai magistrati, una prima versione dei fatti che, secondo i pm, è un chiaro tentativo di screditare lo stesso Chiarello.
Siragusa scagiona nella sua prima versione dei fatti, Francesco Arcuri, Francesco Castronovo e Paolo Cocco. Ed è un tentativo davvero infantile perché Castronovo, come si è visto, confessa in prima persona l’agguato allo stesso Chiarello e alla moglie Rosalia Luisi.
Più o meno come fa anche Paolo Cocco che, senza sapere di essere intercettato, dice alla moglie, preoccupato del probabile arresto per il delitto Fragalà: «Per il fatto dell’omicidio può essere che poi mi vengono a cercare… che c’ero pure io esce…». «Giura?», replica la moglie incredula. «Giuro», ammette Paolo Cocco.
«Ma che cazzo stai dicendo…?» dice la moglie attonita. «Il compleanno non lo festeggeremo, ti giuro…», risponde Cocco. E la moglie che sa cosa può significare una cosa del genere: «Le chiavi possono buttare. Mi hai sconvolta Paolo».

Ma Siragusa cerca anche di aggiustare di fronte ai magistrati la questione dell’arma utilizzata, un bastone di legno. Come confermano i testimoni oculari dell’agguato, il medico legale, il professor Procaccianti che ha eseguito l‘autopsia, il pentito Chiarello e lo stesso Siragusa.

Dopo l’agguato a Enzo Fragalà bastonato a morte, il killer fugge su via Nicolò Turrisi e i testimoni, che descrivono l’arma come un bastone di legno, forse la gamba di un tavolo di circa 80 centimetri di lunghezza, raccontano che l’uomo, alto, imponente e atletico, sale sullo scooter, un Honda Sh guidato da un complice e voltandosi si disfà del bastone gettandolo fra le auto di fronte al negozio di un cinese. I testimoni sentono, chiaramente, il rumore del bastone di legno che cade a terra. Addirittura una delle testimoni cerca di inseguire il killer e, poi, si mette a cercare il bastone a terra. E non lo trova. Non lo troveranno neanche i carabinieri che, pure, passano al setaccio la strada e anche i cassonetti della zona.
Qualcuno, evidentemente, ha ripulito la scena del delitto.

Fatto sta che Siragusa, nella sua penultima dichiarazione – nell’ultima, come si vedrà, cambia di nuovo rotta – dice di aver incendiato il bastone di legno e di averlo gettato in un cassonetto di via La Farina. A suo dire lo vide anche un agente di scorta di un magistrato. In realtà li c’erano gli agenti di scorta a un politico, Renato Schifani. Gli agenti hanno smentito radicalmente la circostanza raccontata da Siragusa. E il pm Malagoli ha chiesto ai Vigili del Fuoco di avere relazioni su eventuali spegnimenti di principi di incendi dei cassonetti. E, in effetti, non vi fu alcun principio di incendio. Ma, soprattutto, non vi era alcun cassonetto in zona. Erano stati tutti rimossi, da tempo, per questioni di sicurezza, ha fatto sapere il pm in udienza, smentendo, così, la ricostruzione-bufala di Siragusa. Che, fra l’altro, dice di essere rimasto chiuso in macchina durante l’agguato. Pure se le telecamere del negozio Mail Boxes lo riprendono chiaramente transitare lì prima e dopo l’aggressione a Fragalà.

Undici giorni fa Siragusa ha richiamato in carcere i magistrati. E ha chiesto di verbalizzare nuove dichiarazioni che, poi, il pubblico ministero ha depositato qualche giorno fa. E cosa dice Siragusa ora? Corregge le sue precedenti dichiarazioni avvicinandosi un po’ di più, ma non ancora abbastanza, ai racconti di Chiarello. Continua a negare le responsabilità di Francesco Castronovo e Paolo Cocco. Ma, stavolta, tira in ballo anche Francesco Arcuri che nella sua prima dichiarazione aveva cercato di salvare smentendo che avesse partecipato all’omicidio.
«Vorrei precisare – spiega ai pm – che prima dell’omicidio, mentre ero con Ingrassia e Abbate, al Borgo è venuto Arcuri che ha chiamato Abbate da parte. I due hanno parlato dieci minuti circa e poi Arcuri ci ha chiesto se era tutto a posto e se ci eravamo organizzati. Noi abbiamo risposto positivamente e poi abbiamo chiesto ad Abbate che cosa voleva Arcuri e lui ci ha detto che voleva sapere se eravamo organizzati».

Quanto all’agguato a Enzo Fragalà, il pm domanda a Siragusa: «L’aggressione conferma che l’ha vista ed è stato Abbate?». «Si, sì, è stato Abbate. Sì, a picchiare è stato Abbate, è entrato dentro la macchina con me, appena abbiamo visto l’avvocato che usciva, lui c’è andato incontro con il casco e gli ha dato colpi di mazza».

L’altra questione di cui Siragusa dibatte con il pm è quella del bastone, di chi lo procurò e dove è finito visto che la precedente versione è stata radicalmente smentita. «Ma chiddi ancora un’hanno vinuto a portare dda due cosa di lignu?», dice Siragusa intercettato. «Ma quello ancora non è venuto a portare il “coso” di legno?». E al pm che gli chiede chi doveva portare il bastone, Siragusa dice, inizialmente, di non sapere il nome. Ma sostiene, a questo punto, di averlo portato lui il bastone per l’aggressione:: «dai vaiu da Martino e vediamo se c’è qualche picco da, u pigghiu ni Martino. Come infatt sono andato da Martino ho preso questo…c’era fortunatamente, disgraziatamente, questo piccone, gli ho levato il piccone e mi sono portato…No, il manico del piccone, di legno…L’ho portata all’agenzia (l’agenzia di scommesse dove si ritrova il gruppo, ndr)».

Racconta che quel bastone non fu incendiato lo stesso giorno dentro un cassonetto di via La Farina come aveva detto inizialmente perché, appunto, quella versione è stata smentita completamente. E, quindi, sostiene, a questo punto, che il bastone fu gettato non in un cassonetto ma in una campana per la raccolta del vetro a cui venne dato fuoco due giorni dopo.

Due ore dopo, Siragusa richiama i magistrati per riaprire il verbale e precisare. E si “ricorda”, improvvisamente, che «chiddu» che doveva portare il bastone era proprio Francesco Castronovo. «…Cioè non l’ho voluto dire perché ho paura che questo ragazzo di qua, tramite questa cosa che io sto dicendo, potrebbe andare a prendere l’ergastolo che non c’entra niente, perché, alla fine, neanche l’ha portata la mazza».
Fra tre giorni in udienza si confronteranno le versioni. Parleranno il pentito Francesco Chiarello e la moglie Rosalia Luisi. E, forse, a Siragusa tornerà la memoria.

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