Famiglia di terroristi sgominata a Como: padre e figlio arrestati e madre espulsa

26 Gen 2018 13:42 - di Viola Longo

La famiglia come una vera e propria cellula jihadista. Succede a Como, dove nell’ambito di una operazione anti-terrorismo sono stati arrestati un padre e un figlio egiziani, mentre la madre è stata espulsa. «Abbiamo trovato situazioni di tanti tipi, ma una famiglia così compatta nella radicalizzazione non ci era mai capitata», ha spiegato Claudio Ciccimarra, capo della Digos di Milano, che ha condotto l’operazione, chiamata “Talis pater”, insieme alla Digos di Como. Gli arresti e l’espulsione della donna giungono in una giornata in cui, su ordine del Ministero dell’Interno, sono stati espulsi anche due cugini macedoni residenti del Trevigiano e votati alla jihad.

Una famiglia votata al terrorismo

Dalle indagini sulla famiglia di Como è emerso come i genitori facessero di tutto per spingere i figli alla jihad. Una pressione alla quale si era sottratto il figlio minore, per questo insultato e denigrato, ma che aveva sortito i suoi effetti su quello maggiore. Il giovane, di 23 anni, è partito come foreign fighter per la Siria e vi si troverebbe tutt’ora. Risulta dunque latitante. È stato invece trasferito in carcere il padre, un 53enne ex saldatore, che a sua volta aveva combattuto in Bosnia. Sono state le intercettazioni a consentire agli inquirenti di svelare questo quadro familiare, che l’uomo aveva cercato di mistificare denunciando alla Digos di Como la fuga del figlio e il timore che potesse influenzare il fratello. In realtà, come è poi emerso dalle indagini, il padre aveva solo paura che la grande quantità di foto e video che il figlio postava sui social dalla Siria potesse aprirgli le porte del carcere: «Se torna in Italia rischia 15 anni», ha detto tra l’altro l’uomo in una delle tante conversazioni captate, nelle quali non mancava di manifestare l’orgoglio per quel figlio jihadista.

L’orgoglio per il figlio foreign fighter

Il giovane, secondo quanto ricostruito, è partito per la Turchia nel giugno del 2014 e da lì avrebbe raggiunto il governatorato di Idlib, dove si sarebbe unito a una brigata affiliata alla formazione terroristica al Nusra. La famiglia in questi anni non gli ha mai fatto mancare il suo sostegno, non solo con le «mille ore di preghiera» che il padre diceva di volergli tributare, ma anche con l’aiuto economico: ogni mese gli venivano inviati 200 euro per il suo mantenimento. «Sono stato costretto a fare questa sceneggiata per salvarmi la schiena», ha detto il padre, intercettato, a proposito della finta denuncia alla polizia. Un fanatismo del quale anche la madre è risultata totalmente partecipe e che si estendeva anche alla figlia femmina della coppia, educata secondo i dettami della legge islamica.

I due cugini macedoni che odiavano l’Italia

È stato motivata con motivi di sicurezza dello Stato, invece, l’espulsione dei due macedoni residenti nel Trevigiano: i due cugini avevano manifestato vicinanza a posizioni jihadiste. Uno degli espulsi, un 43enne, dal 2016 era sottoposto a indagini della Digos di Venezia poiché indicato come soggetto connotato da ideologie jihadiste e in contatto con arruolatori dell’Isis. Inoltre è stato rilevato che, in diverse circostanze, l’uomo aveva condiviso il suo forte risentimento contro le istituzioni e la cultura italiana, al punto da asserire che il riconoscimento della nostra cittadinanza risulterebbe proibito per un musulmano poiché costituirebbe una sorta di «patto con gli infedeli». Nei mesi scorsi, durante una perquisizione, nei suoi dispositivi informatici erano state trovate le prediche di diversi imam balcanici di estrazione ultra-radicale e documenti di propaganda jihadista. Il cugino, di 45 anni, oltre ad aver manifestato l’intenzione di raggiungere la Siria, è risultato collegato con stranieri arrestati in pregresse operazioni antiterrorismo, condotte sia in Italia che nei Paesi dei Balcani occidentali.

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