Elezioni, la Cei: «La Chiesa non si schiera». Ma parla di razza e migranti

22 Gen 2018 18:34 - di Eleonora Guerra
migranti cei

«La Chiesa non è un partito e non stringe accordi con alcun soggetto politico». A dirlo è stato il presidente della Cei Gualtiero Bassetti, nel corso di una prolusione del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, in cui però ha fatto un chiaro endorsement all’accoglienza. Un discorso in cui i cristiani sono chiamati a mettere da parte la «rivendicazione sociale» e le incertezze per accogliere «i poveri, tutti i poveri, anche quelli forestieri di cui non sappiamo nulla».

«È peccato farsi influenzare dalle paure»

I poveri, ha aggiunto Bassetti, «appartengono alla Chiesa per “diritto evangelico” e in virtù di questo diritto, non certo in nome di una rivendicazione sociale, ogni cristiano è chiamato ad andare verso di loro con un atteggiamento di comprensione e compassione». «Non è chiudendo che si migliora la situazione del Paese. Avere dubbi e timori non è un peccato, come ha affermato Papa Francesco nella Giornata del migrante», ha proseguito Bassetti, sottolineando che il Papa «tuttavia ha aggiunto che il peccato è lasciare che queste paure determinino le nostre risposte». «Bisogna reagire a una cultura della paura che, seppur in taluni casi comprensibile – ha aggiunto – non può mai tramutarsi in xenofobia o addirittura evocare discorsi sulla razza che pensavamo fossero sepolti definitivamente». Per il presidente della Cei la discussione pubblica sul tema «complesso e cruciale» delle migrazioni «è troppo spesso influenzata da equivoci, incomprensioni e contese politiche». Dunque quel richiamo ad accogliere tutti, fatto «per fugare ogni dubbio e per amore della verità».

L’invito a superare «le pastoie ideologiche del ‘900»

Non è stato l’unico riferimento ai temi più caldi della campagna elettorale. Il porporato, infatti, ha sostenuto che «la campagna elettorale sta rendendo serrato il dibattito, ma non si può comunque scordare quanto rimanga immorale lanciare promesse che già si sa di non riuscire a mantenere». «Altrettanto immorale è speculare sulle paure della gente: al riguardo, bisogna essere coscienti che quando si soffia sul fuoco le scintille possono volare lontano e infiammare la casa comune, la casa di tutti», ha proseguito Bassetti, rivolgendo «un invito alla sobrietà: una sobrietà sia nelle parole che nei comportamenti». «Per il futuro del Paese e dell’intera sua popolazione, da Nord a Sud, occorre mettere da parte le vecchie pastoie ideologiche del Novecento e abitare questo tempo con occhi sapienti e nuovi propositi di ricostruzione del tessuto sociale ed economico dell’Italia», ha detto il cardinale, rivolgendo un appello a «superare le pur giustificate differenze ideologiche, per raggiungere una reale collaborazione nel servizio del bene comune».

La formula della Cei: «Lavorare meglio, lavorare tutti»

Il cardinale ha anche voluto indicare quali siano i tre verbi con cui la Cei propone di «curare» l’Italia: «Ricostruire, ricucire, pacificare». «C’è un’urgenza morale di ricostruire ciò che è distrutto», ha detto Bassetti, facendo anche un riferimento esplicito e diretto al sisma che ha colpito l’Italia centrale. Poi «c’è un’urgenza spirituale di ricucire ciò che è sfilacciato, ricucire la comunità ecclesiale italiana e ricucire la società italiana. Ricucire significa unire il Paese». Infine, per il presidente della Cei «c’è un’urgenza sociale di pacificare ciò che è nella discordia. Il nostro Paese sembra segnato da un clima di rancore sociale, alimentato da una complessa congiuntura economica, da una diffusa precarietà lavorativa e dall’emergere di paure collettive». Infine una indicazione quasi “programmatica”, accompagnata anche da uno slogan: «Lavorare meglio, lavorare tutti», è la formula con cui il cardinale ha riassunto la richiesta di «creare lavoro, combattere la precarietà, rendere compatibile il tempo di lavoro con il tempo del riposo».

 

 

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