Arriva la serie sulla guerra di Troia. E Achille diventa eroe nero

17 Gen 2018 20:12 - di Adele Sirocchi

Sta già diventando un caso la scelta di assegnare il ruolo di Achille all’attore nero David Gyasi nella serie Bbc-Netflix sulla caduta di Troia, Troy: Fall of a City (scritta da David Farr  e composta da otto episodi). Ma non finisce qui: la serie – diretta da Owen Harris – adotta i canoni del “politicamente corretto” al punto da scegliere attori di colore anche per la parte di Patroclo (Lemogang Tsipa), Enea (Alfred Enoch) e Zeus (Hakeem Kae-Kazim). E’ un caso clamoroso di blackwashing, cioè l’optare per un attore di colore in caso di personaggi  che sono tradizionalmente bianchi.

L’autore di romanzi storici Michele Porcaro ha criticato il cast eterogeneo della serie affermando che “adattare è bene, stravolgere è disgustoso”: “In Troy: Fall of a City, ci troviamo di fronte a un cast eterogeneo, formato tanto da attori bianchi quanto da attori di colore, ma scelti senza alcun criterio logico o una spiegazione che renda questa selezione minimamente plausibile, il che fa temere che sia stata decisa per rendere più appetibile il prodotto anche a un pubblico etnicamente misto o per renderlo politically correct. A dispiacere, dunque, non è il fatto che a far strage di Troiani in battaglia ci penserà un Achille più scuro di quello che immaginiamo, ma che non esista neanche un motivo ben preciso che possa far chiudere un occhio agli spettatore più amanti della tradizione in merito a questa scelta”.

Se da un lato la serie dimostra il grande appeal che ancora possiedono i testi classici per il pubblico contemporaneo, come sottolinea il grecista Giulio Guidorizzi interpellato oggi da Il Giornale, dall’altro ci si interroga sullo svilimento delle narrazioni omeriche trasformate in indigeribili polpettoni ispirati al verbo obamiano o alle rivendicazioni di Oprah Winfrey. La questione degli attori neri discriminati è del resto vecchia: s’impose con prepotenza in occasione della cerimonia dei premi Oscar 2016 boicottata da Spike Lee perché tutti e venti i candidati erano bianchi. Nel 2017 infatti venne premiato come miglior film Moonlight, storia di un ragazzo di colore discriminato e della sua adolescenza in un quartiere degradato di Miami. L’industria dell’intrattenimento, televisivo e cinematografico, in pratica si adegua. E non risparmia il povero Omero…

 

Commenti

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  • GIAN GUIDO BARBANTI 18 Gennaio 2018

    basta non guardare questa schifezza….