Mario Lavezzi smonta il mito di Lucio Battisti “fascista”. Ma non è credibile…

22 Dic 2017 15:01 - di Robert Perdicchi

In una lunga intervista alla “Verità“, a firma di Antonello Piroso, il cantante e autore Mario Lavezzi – autore di pezzi memorabili per Loredana Bertè e Ornella Vanoni – traccia il bilancio della sua carriera e analizza il Dna politico di alcuni suoi colleghi tra cui Lucio Battisti, da sempre associato alla destra per convinzioni personali e anche per alcuni testi che richiamerebbero una ispirazione anti-comunista.

Il suo racconto è emblematico di quegli anni. «Io non ero politicamente impegnato – dice Lavezzi –  La nostra casa discografica, la Rca, aveva deciso che dovevamo farci conoscere, e quindi aveva comprato uno spazio da Re Nudo, che sarà stato pure alternativo però i soldi da una società che faceva parte di una multinazionale americana li prendeva volentieri. Solo che prima uno del nostro gruppo -Gianni Dall’ Aglio (già batterista di Adriano Celentano a 14 anni), iscritto alla Giovane Italia, l’ associazione degli studenti del Msi di Giorgio Almirante – dovette fare abiura, e da “fascio” passare a essere comunista… all’ epoca c’ era poco da stare allegri. Se non ti schieravi, rischiavi di non suonare, o peggio. Francesco De Gregori – che, incredibile ma vero, all’epoca faceva da spalla al Volo – fu contestato a Bari, perché ci fu un momento che i cantautori non li volevano, e noi salimmo sul palco a dargli manforte. Per questo Battisti si cominciò a defilare: non perché fosse fascista, accusa ridicola dal momento che a lui della politica non fregava nulla, ma in quanto il suo unico interesse era la musica, la sua magnifica ossessione, e non voleva condizionamenti».

Una tesi, quella su Battisti non di destra, che non regge. Di sicuro il grande cantante, che mai ha fatto esplicite dichiarazioni di appartenenza, era profondamente anti-comunista, con alcuni indizi, come la celebre fotografia in cui Lucio faceva un saluto che sembrava un po’ “romano”, i famigerati “boschi di braccia tese”, il “mare nero”, “lo spettro dei fantasmi del passato, cadendo lascia il quadro immacolato”, “Il mio canto libero” adottato come inno dai giovani di destra fin dagli anni Ottanta…

Commenti

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  • Fabrizio 2 Gennaio 2018

    Rispetto all’ultima paragrafo dell’articolo, andando per logica stringente, ma non è che allora forse il fascista dovrebbe essere Mogol?