La foreign fighters presa a Malpensa: troppo dura la vita nello Stato islamico

27 Dic 2017 17:18 - di Paolo Lami

Se ne era andata in Siria insieme ai tre figli minori perché si era innamorata di un combattente dell’Isis, pur essendo sposata con un italiano e vivendo in Francia. Ma ora M.R., la 36enne foreign fighters marocchina catturata dalla polizia di frontiera di Malpensa e dalla Digos, appena rimesso piede in Europa, e precisamente in Italia, su mandato di cattura europeo spiccato dalle autorità francesi, ha spiegato al magistrato italiano di essere rientrata perché la vita nello Stato Islamico era troppo dura. E ha accettato di essere estradata in Francia entro il prossimo 8 gennaio dove la attende la detenzione e  un processo per aver fiancheggiato l’Isis.

Marocchina, naturalizzata italiana grazie al matrimonio con un napoletano, arrestata il 23 dicembre all’aeroporto di Malpensa in esecuzione di un mandato internazionale emesso dalla magistratura francese, la foreign fighters di ritorno era stata arrestata mentre rientrava dalla Siria, paese dove era fuggita, circa nove mesi fa con i tre figli, per raggiungere un “soldato” di un gruppo vicino all’Isis di cui si era invaghita.

La marocchina aveva mollato il marito, un napoletano con cui viveva in Costa Azzurra ed era in attesa, al settimo mese, di un figlio dall’uomo per il quale è andata a vivere a Termanin, cittadina non molto lontano da Aleppo. La Procura di Parigi aveva immediatamente aperto un’indagine giudiziaria con l’accusa di partecipazione a una cospirazione criminale per preparare atti di terrorismo e allontanamento di minori da parte di ascendenti in relazione a un’organizzazione terroristica.
Interrogata dal magistrato italiano la foreign fighters ha prestato il suo consenso alla richiesta di consegna avanzata dalle autorità di Parigi perché, ha spiegato, così può ì stare più vicino ai tre figli, di 6, 8 e 10 anni, ritornati a casa con il padre a Juan Les Pins nelle Alpi Marittime.
Ai magistrati italiani che l’hanno interrogata ha lasciato intendere che la vita in Siria è troppo dura.

Quella dei foreign fighters e, soprattutto, delle foreign fighters di ritorno, è un aspetto sul quale l’Europa si sta interrogando per capire come affrontarlo. Proprio un mese fa il procuratore di Parigi, François Molins, il cui ufficio del pubblico ministero ha giurisdizione nazionale sui casi di terrorismo in Francia, ha chiesto cautela sul ritorno in Francia delle donne e dei bambini dei jihadisti in Iraq e in Siria, invitando non cedere alla «ingenuità» sottoscrivendo, invece, un principio di «caso per caso».

E c’è un’altra foreign fighters di ritorno che interessa Francia e ItaliaMeriem Rehailly, padovana, condannata nei giorni scorsi a Venezia per terrorismo a 4 anni di carcere, potrebbe, secondo quanto scrive il giornale in lingua araba Al Ahdath Al Maghribia citando fonti dell’intelligence europea, essere fuggita incolume dai bombardamenti su Raqqa ed essere rientrata in Francia sotto falso nome. Ma ambienti vicini al Ros di Padova sottolineano che si tratta di fonti al momento non verificabili e quindi non attendibili e che che sul caso della foreign fighters padovana sono in corso ulteriori accertamenti.

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