Il retroscena: Mattarella vuole le elezioni il 4 marzo. Ecco perché

13 Dic 2017 15:51 - di Marzio Dalla Casta

A meno che Mattarella non si diverta a smentire i giornaloni che hanno titolato sul 4 marzo come la domenica prescelta dal Quirinale per mandare gli italiani alle urne, la data delle prossime elezioni politiche dovrebbe essere un dato ormai acquisito. Certo, la politica non poggia mai su granitiche certezze, ma è altrettanto vero che esistono almeno un paio di elementi che militano in favore di una data finora nota al grosso pubblico per essere il titolo di un indimenticabile successo di Lucio Dalla.

I sindaci potranno candidarsi senza dimettersi nei 180 giorni

Il primo è che consentirebbe, seppur di pochi giorni, di definire «anticipato» lo scioglimento delle Camere, il che spianerebbe la strada verso il Parlamento ai sindaci dei centri con popolazione superiore ai 15mila abitanti, altrimenti ineleggibili se non dimissionari nei 180 giorni precedenti i comizi elettorali. Con lo scioglimento tecnicamente anticipato lo possono fare, invece, entro una settimana. I sindaci, insieme a Rai e  magistratura, rappresentano uno dei tradizionali serbatoi cui la sinistra attinge  per la selezione delle candidature, soprattutto nei collegi uninominali. In tal senso, la scelta del 4 marzo è un aiuto non da poco.

Mattarella e la carta Gentiloni nel dopo-elezioni

Il secondo elemento ha invece a che fare con la friabilità del quadro politico e con le tensioni in seno al Pd create dalla scissione di Liberi e uguali in cui si è già arruolato il presidente del Senato Pietro Grasso cui seguirà, con ogni probabilità, quella di Laura Boldrini. Mattarella non vuole rischi per il governo anche perché – e qui s’annida un ulteriore elemento in favore del 4 marzo – non esclude un secondo tempo di Gentiloni nel post-elezioni.Non è un caso, infatti, che il percorso immaginato dal Quirinale non preveda le dimissioni dell’attuale premier. Gentilioni, infatti, si limiterà a dichiarare «esaurita» la funzione del governo al capo dello Stato ma senza rassegnare le dimissioni. Precedenti in tal senso, anche recenti, non mancano. Un’accortezza che servirà a Mattarella di calare la carta Gentiloni qualora dalle urne non dovesse uscire un  vincitore chiaro. Uno scenario, allo stato, tutt’altro che improbabile.

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