Uno Bianca, la semilibertà al killer che sconcerta il maresciallo Tamiazzo

7 Nov 2017 13:43 - di Massimiliano Mazzanti

Distratti dalle elezioni e dallo stomachevole, ennesimo ping-pong di dichiarazioni incrociate tra Matteo Renzi e Luigi Di Maio sul mancato dibattito televisivo, i grandi organi di stampa hanno “bucato” – come si dice in gergo – la notizia della concessione a Marino Occhipinti del regime di “semilibertà”.

Chi sia Occhipinti, probabilmente, non lo sa più nessuno, nemmeno tra quanti – a milioni, all’epoca – restarono sconcertati, nel 1994 e proprio nei giorni di novembre, nello scoprire che gli assassini della famigerata “banda della Uno bianca” erano quasi tutti poliziotti. Ecco, Marino Occhipinti era uno dei sei componenti della banda; una delle cinque “divise sporche”; uno dei quattro riconosciuto responsabile – tra i cento altri – anche del reato di omicidio (fu lui ad assassinare la guardia giurata Carlo Beccari, nel corso di una rapina a Casalecchio di Reno, alle porte di Bologna, il 19 febbraio 1988). Ed è il primo dei “killer” della banda a lasciare, seppur parzialmente, il carcere in anticipo.

Prima di lui, erano stati liberati Luca Vallicelli (il meno implicato nelle vicende criminali, condannato a una pena lieve) e Pietro Gugliotta (dopo 14 anni di cella), ai quali non erano stati imputati fatti di sangue, ma solo reati predatori e associativi. A dare la notizia della “semilibertà” a Occhipinti, l’altro giorno, è stato un quotidiano veneto (l’ex-bandito era detenuto a Padova) e oggi è stata la Medaglia d’Oro e vittima della “Uno bianca” Emanule Tamiazzo a rilanciarla sui “social”, con un dignitoso, ma chiaramente amareggiato post. “Ora che il carcere debba “rieducare” e servire come strumento di reinserimento sociale e quant’altro – scrive il maresciallo dei Carabinieri, ferito nel ’91 in quel di Pianoro, Bologna, nel corso di un conflitto a fuoco ingaggiato coi Savi, nel tentativo di fermarli – potrei largamente essere d’accordo, ma a questi livelli queste leggi andrebbero cambiate, anche solo per il rispetto delle Vittime, riconosciute dallo stato Italiano. Se si continua così , probabilmente un domani prossimo, io potrei trovarmi faccia a faccia con chi , in seno ad attività delittuosa, ha più volte tentato di uccidermi, magari al supermercato!!!”.

Chissà se “stato” con la minuscola – in questa frase dell’eroico milite – è un veniale errore dettato dall’emozione, oppure una discreta, ma severissima censura per l’accaduto? Quel che è certo è che da due giorni, Occhipinti – definito un “detenuto modello”; impiegato in una cooperativa della galassia di Comunione e Liberazione e che da tempo gode delle attenzioni del nuovo vescovo di Bologna, il “progressista” Matteo Zuppi – potrà convivere dalle 7 e 30 a mezzanotte nella casa che ha preso assieme alla sua nuova fidanzata (precedentemente era sposato e ha divorziato dalla nipote di Wanna Marchi) e condurre nuovamente una vita quasi normale. Nello sconcerto, però, delle vittime e dei parenti di coloro che una vita, anche per colpa di Occhipinti, non ce l’hanno più e che, forse – anzi, sicuramente – non erano preparati a una notizia del genere.

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