Congo, perché il Paese più ricco del pianeta sta morendo di fame?

11 Nov 2017 17:37 - di Redazione

A più di un anno dallo scoppio del conflitto nel Kasai, nella Repubblica Democratica del Congo urge assistenza umanitaria nelle zone rurali della regione, ora che le persone non si nascondono più e tentano di tornare alla normalità. Questo l’appello dell’organizzazione medico-umanitaria Medici Senza Frontiere (Msf). Gli aiuti umanitari hanno raggiunto le principali città di Tshikapa e Kananga, ma quasi nessun aiuto è giunto nelle altre aree della regione, nonostante l’insicurezza non sia più un problema da alcuni mesi. ”La crisi in Kasai è stata totalmente trascurata – dichiara Gabriel Sánchez, direttore delle operazioni di Msf – Le persone che tornano nei loro villaggi e città sono state lasciate sole a ricostruire le case distrutte e a riprendere a coltivare i campi, spesso senza strumenti adeguati e prive delle fonti di reddito tradizionali”. Per mesi le persone si sono nascoste nei boschi, esposte a malattie e con poco o nulla da mangiare. Le equipe di Msf stanno riscontrando una malnutrizione diffusa tra i bambini, con percentuali del 10% di malnutrizione acuta severa in diverse zone, in particolare nelle città e nei villaggi colpiti dalla violenza, scoppiata nell’agosto 2016. Tra giugno e settembre di quest’anno, quasi 1.000 bambini sotto i cinque anni sono stati trattati dalle equipe di Msf per malnutrizione acuta severa nei centri nutrizionali a Tshikapa, capitale della provincia del Kasai, e nelle zone rurali circostanti. Inoltre, sulla scia di quanto successo, molti centri sanitari locali funzionano a malapena. ”La metà dei centri sanitari che abbiamo visitato negli ultimi tre mesi è stata saccheggiata, bruciata o distrutta”, prosegue Sánchez. ”Ora stanno lentamente riprendendo le attività, ma sono disperatamente a corto di personale sanitario qualificato, medicinali e attrezzature essenziali”. “Ci sono ancora comunità vulnerabili nelle città principali, in particolare gli sfollati che non sono ancora pronti a tornare nei loro villaggi e hanno bisogno di assistenza sanitaria, rifugi, cibo e sostegno per far fronte alle esperienze traumatiche che hanno vissuto – aggiunge Sanchez – Ma la vera urgenza ora è che altre organizzazioni umanitarie raggiungano le zone rurali del Kasai. La risposta è stata finora troppo lenta e insignificante per una crisi di questa portata”. Resta solo da capire come mai un Paese ricchissimo sia ridotto in queste condizioni.

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