Né uomo né donna sul passaporto: un altro diritto che fa ridere

12 Ott 2017 10:29 - di Redazione

Non solo genere ‘maschile’ o ‘femminile’ sul passaporto ma anche ‘neutro’. E’ la battaglia portata avanti sin dal 1995 da Christie Elan-Cane, attivista impegnata per il riconoscimento del genere ‘X’, che ha incassato una prima vittoria. Un tribunale londinese ha accolto il ricorso dell’attivista, concedendo il via libera a citare in giudizio il governo, davanti all’Alta Corte inglese, al fine di rivedere la normativa sul rilascio dei passaporti. Elan-Cane è nata donna ma ha completato il suo percorso di transizione fisica nel 1990 e si definisce “non-gender”. La sua è la prima sfida legale in Gran Bretagna contro la politica interna del ministero degli interni in materia di passaporti. “Ritengo che questo dossier possa essere presentato davanti ai tribunali”, ha dichiarato il giudice Andrew Gilbart, al termine di una breve udienza per stabilire se la questione potesse essere sottoposta a giudizio. “Sono felice di questa decisione”, ha commentato Christie Elan-Cane. Ma resta ancora molto lavoro da fare, oggi abbiamo solo superato un primo ostacolo, e non abbiamo ancora raggiunto l’obiettivo”.

Secondo l’attivista, il governo britannico “discrimina” i cittadini britannici autorizzando l’ingresso sul suo territorio di cittadini stranieri con un passaporto che riporta il genere neutro, senza dare la stessa possibilità alla propria popolazione. Il genere “indeterminato” può essere riportato sui passaporti di diversi paesi, come l’Australia, il Pakistan o il Canada (l’ultimo paese in ordine di tempo a inserire il genere ‘X’, lo scorso mese), e in Europa in Germania, a Malta e in Danimarca. Gli avvocati della donna sostengono che una percentuale “importante” della popolazione, che stimano intorno all’1%, rivendica la sua appartenenza al genere neutro. Elan-Cane in passato aveva raccontato come: “nel giro di pochi mesi dopo l’intervento sono stata in grado di provare a livello psicologico come nella mia vita non avessi mai ‘attuato’ il ruolo di genere che mi era stato assegnato alla nascita. Ho capito cioè che non è necessario dover costringersi a vivere nell’altro ruolo, per cui ho cominciato a cercare risposte e a definirmi né maschio né femmina”.

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