Effetto Catalogna, ora i leghisti hanno paura del loro referendum. E invocano il Cav

8 Ott 2017 10:38 - di Niccolo Silvestri

A dar retta ai giornali, pare che in casa leghista cominci ad affiorare più di un dubbio sull’esito del referendum pro-autonomia indetto per il prossimo 22 ottobre. Il primo riguarda l’affluenza e tormenta di più il Veneto, dove è necessario il raggiungimento di un quorum, mentre il secondo riguarda la conta dei “sì” e sembra preoccupare maggiormente la Lombardia, dove il peso elettorale di Milano, città concreta e poco sensibile a richiami autonomistici in salsa catalana, può fare la differenza. Per ovviare all’uno e all’altro i due governatori, Zaia e Maroni, hanno preso a saltare da una tv ad un giornale in veste di insospettabili ridimensionatori della portata della consultazione da essi stessa voluta. Evidentemente, la notte di Barcellona, con il suo carico di teste spaccate e di cariche della Guardia Civil, ha lasciato il segno. Ma ancor di più ha pesato il putiferio che ne è scaturito in termini di annunciata fuga di banche e imprese dalla ribelle Catalogna. Una doccia gelata sui bollori di quei non pochi leghisti che già sognavano il gemellaggio politico con la Generalitat guidata da Puigdemont. Non stupisce, perciò, che la loro segreta speranza abbia ora le fattezze di Silvio Berlusconi. Un suo endorsement addolcirebbe il referendum con qualche stilla di europeismo. E il Cavaliere lo farà, ma non oltre la misura del formale incoraggiamento. Più probabile, invece, che il suo celebrato pragmatismo gli consiglierà di non metterci la faccia più di tanto in una prova che, al di là delle intenzioni dei suoi promotori, comunque vada, si tradurrà in un danno per la Lega: se sarà un fiasco, Salvini ne uscirà ridimensionato al Nord; se, al contrario, sarà un’apoteosi di affluenza e di “sì”, ne uscirà compromessa e ridimensionata la sua strategia di sfondare elettoralmente nel Mezzogiorno. Un vero capolavoro a pochi mesi dalle elezioni politiche e in piena sfida su chi dovrà guidare la coalizione. E, si sa, “no Sud, no leadership”.

 

 

 

 

 

 

 

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