Venezia, la critica si appresta a stroncare il film che fa mugugnare i gay (video)

4 Set 2017 17:46 - di Redazione

“Ritenevo necessario fare emergere questo tema e quindi lo spunto nasce dalla cronaca, dallo scandalo del mercato nero dei bambini, che abbiamo potuto approfondire anche grazie alle intercettazioni forniteci dal procuratore Capasso. Ma l’adozione è la premessa del film non è la sostanza”. Parla così Sebastiano Riso del suo Una famiglia, il film che porta in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia e che è stato accolto un po’ tiepidamente nelle anteprime per la stampa.

Il film, che uscirà nelle sale il 28 settembre distribuito da Biim, tratta il tema controverso dell’utero in affitto, calato però in clima di morboso e di interdipendenza all’interno di una coppia. La coppia in questione è quella formata dai due protagonisti Micaela Ramazzotti e Patrick Bruel, uniti dal piano criminale di concepire bambini per venderli. “Il lavoro che abbiamo fatto con gli sceneggiatori è stato complesso – aggiunge Riso – volevamo raccontare anche l’Italia di oggi, in cui l’adozione è difficilissima e lunghissima per le coppie eterosessuali e impossibile per gli omosessuali. E questo crea richiesta e mercato nero”, sottolinea il regista. Micaela Ramazzotti si è calata in un nuovo ruolo di madre, forse quello più estremo della sua carriera: “Tutte le madri che ho interpretato le ho scelte, le ho volute, le ho rincorse e più vengono da realtà subalterne e disperate e più le voglio fare, perché mi piace l’idea di dare voce a chi è più debole. Quella di questo film è una madre bambina, che sembra non avere passato e sembra non avere niente se non il suo partner Vincenzo che è anche un carceriere e che ha un progetto criminale. Lei inizialmente aderisce al progetto ma da subito comincia a coltivare un progetto di libertà. Io sono sempre dalla parte di donne così, non mi piacciono le eroine”, dice l’attrice.

Patrick Bruel confessa di essersi sentito inzialmente titubante ma di aver poi aderito con entusiasmo: “È la prima volta che vengo contattato per un personaggio così dark. Così mi sono chiesto perché io e perché questo tema. Ma Sebastiano mi ha spiegato le sue ragioni e la sua urgenza ed è stato convincente. E così ho accettato la sfida”.

Nel finale del film, una coppia omosessuale rifiuta il bambino ‘ordinato’ perché malato. I giornalisti chiedono se anche questo nasca da un fatto di cronaca e se non pensi che questo creerà polemiche con la comunità omosessuale. E lui risponde: “Questa storia non nasce da un fatto reale. Ma abbiamo voluto inserirla perché è un fatto molto simbolico e di grande attualità. Noi non abbiamo voluto trattare la coppia omosessuale in maniera diversa. Abbiamo posto un dilemma a cui ci si può trovare davanti. Il personaggio interpretato da Ennio Fantastichini, che è il più maturo della coppia omosex dice una frase in realtà di grande umanità: ‘Alla mia età non mi riprenderei da un dolore così forte’. Su tutte queste aspiranti famiglie noi non diamo giudizi. Ma il film è appunto una riflessione su ‘Una famiglia’ di qualunque tipo essa sia”.

 

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