Stupro di Rimini, parla il padre di due delle belve: “Tra 2 anni fuori a rifarsi una vita” (Video)

13 Set 2017 11:24 - di Ginevra Sorrentino

Stupro di Rimini, un orrore che aumenta la sua portata di sconcerto e rabbia ad ogni dichiarazione, ad ogni aggiornamento investigativo, ad ogni approfondimento televisivo. E allora, aveva già parlato una settimana fa, il padre dei due marocchini del branco di Butungu, autore dei terrificanti stupri di Rimini: e ripreso da tutti i tg nazionali si era sperticato in un’improbabile difesa dei figli, “vittime” – a suo dire – di un padre assente perché spesso in carcere, e di un sistema legislativo che a loro, nati in Italia, non ha concesso di evitare di sentirsi sempre dei “clandestini”. Ebbene, chi credeva che il massimo dell’insostenibile fosse già stato raggiunto e superato, ieri sera si è dovuto ricredere: basta ascoltare l’intervista realizzata dall’inviata di Matrix e trasmessa nella puntata in onda ieri (martedì 12 settembre ndr) per capire. Indignarsi. E aggiungere rabbia allo sdegno.

Stupro di Rimini, a Matrix il padre delle 2 belve marocchine

Con un tempismo forse neppure cercato, il programma di approfondimento giornalistico condotto da Nicola Porro, nel giorno in cui l’Aula affossa il ddl sullo ius soli, neppure calendarizzato, manda in onda il cahiers de dolenaces del padre di due delle belve di Rimini: i due stupratori minorenni marocchini. Un esempio, non proprio edificante il suo che, di fronte alle telecamere, confessa di essere da 30 anni in Italia. Che finirà di scontare solo ad aprile il cumulo di pene che grava sulle spalle. Che lui e la sua famiglia non avrebbero dovuto essere in quella casa a 50 km da Rimini, (in provincia di Pesaro Urbino) da dove i due stupratori minorenni sono partiti alla volta del Lido 130, perché il capofamiglia era stato espulso, e dopo essere rientrato illegalmente nel nostro Paese, è stato addirittura «graziato» dal magistrato che, esaminando il suo caso, ha annullato eventuali provvedimenti di espulsione, come spiega la giornalista nel servizio di Matrix, a tutela dei 4 figli nati e cresciuti qua. «Grazie al magistrato di Ancona – ribadisce infatti il genitore marocchino a Matrix – una bravissima signora che mi ha aiutato tanto: mi ha fatto uscire nel 2013, mi ha fatto uscire anche adesso». Chiaro? 

«Una cosa brutta, non si fa… è capitata» (???)

E così, mentre lui è ai domiciliari, i suoi due figli sono in cella da dove, si augura il padre ai microfoni di Matrix, spero che escano presto e puliti. «Quello che hanno fatto alla ragazza polacca, alla trans, è una cosa brutta, non si fa…ma è capitatata…(???), sono ragazzini, magari tra due anni, tre forse, escono a lavorare, cambiano la vita, fanno figli, fanno la loro famiglia»… Parole che fanno davvero ribollire il sangue: il pensiero che quelle belve possano uscire a breve e rifarsi – come si augura il loro genitore – una vita con un lavoro, una famiglia, come se nulla fosse successo, è davvero inaccettabile. La sola idea che possano riprendere come nulla fosse, lì da dove si sono interrotti, dispensando dolore e un trauma che segnerà, invece, il resto delle vite delle loro vittime, è davvero inammissibile. Profondamente inammissibile: con buona pace di buonisti e difensori del politically correct che la crudeltà dei fatti di Rimini dovrebbe – per questa volta almeno – finire sotto coltri di orrore e sgomento.

 

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