Li chiamano leoncini: sono i baby killer dell’Isis. Sono ovunque e sempre più piccoli (VIDEO)

3 Set 2017 18:33 - di Prisca Righetti

Li chiamano leoncini (ashbal) del Califfato, e rappresentano le prossime armi puntate contro l’occidente una volta che saranno neutralizzati lupi solitari adulti e van. Sono allevati e indottrinati dal Diwan al Ta’aleem, il ministero dell’Istruzione dell’Isis, perché diventino usud, leoni, appunto, pronti a depredare e uccidere. Alcuni sono neonati, altri bambini, altri ancora adolescenti. Nessuno sa esattamente quanti siano, a parte forse le strutture dell’autoproclamato Califfato, ma prima o poi probabilmente torneranno in Europa e le autorità locali avranno un problema davvero spinoso da risolvere, un problema dalle inestricabili implicazioni giuridiche e morali.

Li chiamano leoncini: sono i kamikaze in erba dell’Isis

Anche perché, come ammonisce l’Aivd, il servizio segreto olandese, <<non c’è alcuna ragione per ritenere che l’Isis si asterrà dall’usare minori per portare a termine atti di terrorismo>>  nel Vecchio Continente. E allora, a delineare ed analizzare l’infelice prospettiva che si presenta all’orizzonte europeo ha provveduto il rapporto “I bambini del Califfato“-  i leoncini baby killer manipolati e strumentalizzati dai jihadisti – firmato per l‘International Centre for Counter-Terrorism (Icct) dell’Aja da Liesbeth van der Heide, ricercatrice dell’Università di Leida, e Jip Geenen, project officer per i progetti di reintegrazione e riabilitazione dell’Icct. E non è una questione da poco: nell’autoproclamato stato Islamico, certo oggi a brandelli, ma comunque una realtà con cui fare i conti nel mondo, come spiegano le ricercatrici, i minori possono essere mandati in battaglia dall’inizio della pubertà, cioè a partire dai 9 ai 15 anni di età, con tutto quel che ne consegue.

L’Isis li apprezza perché nascono “indottrinati”

L’Isis li apprezza molto perché, essendo totalmente dipendenti dai genitori, sono facilmente indottrinabili: sono <<pagine bianche da riempir>>, possono essere formati secondo i “valori” (killer) dell’Isis. Come dire che non c’è alcun bisogno di convertirli o di radicalizzarli, come invece succede ai giovani adulti: sono morbida creta da plasmare nelle mani dei “cattivi maestri”. Si tratta di bambini che, fin da piccoli, imparano che chiunque non osservi la “corretta”’ interpretazione dell’Islam è un kafir, un miscredente, e deve essere ucciso. Sono creature a cui viene insegnato che la vita e la morte non hanno alcun valore se non affrontate esclusivamente nell’ottica dei precetti bellici islamisti. Tanto sono apprezzati i “leoncini” che, nota il rapporto dell‘Icct, i minori sono utilizzati dall’Isis <<per attacchi suicidi>>, per <<portare a termine esecuzioni e in battaglia>>. Sempre di più: <<Tra il 2015 e il 2016 la propaganda dell’Isis ha diffuso ben 89 elogi di bambini e adolescenti, un numero che aumenta costantemente, su base mensile, cosa che dimostra che lo Stato Islamico opti sempre di più per questa tattica>>, sottolineano le ricercatrici.

Difficile dire quanti ce ne siano sparsi nel mondo 

E’ tuttavia molto difficile stabilire quanti bambini con genitori europei vivano effettivamente nei territori controllati dall’Isis. Ma non sono pochissimi, con ogni probabilità: per quanto riguarda i soli Paesi Bassi, secondo una stima dei servizi segreti olandesi, ci sono attualmente almeno <<80 bambini>> in Siria e/o in Iraq che hanno legami diretti con il Paese, la metà dei quali nati là, mentre gli altri sono stati portati nel Califfato dai genitori. Di questi, il 50% circa ha tre anni o meno; il 30% tra i 4 e gli 8 anni, il 20% 9 anni o più. E allora, come affrontare questa sfida non è però ancora chiaro, anche perché mancano dati e statistiche attendibili, trattandosi di un fenomeno relativamente nuovo. Tuttavia, notano le ricercatrici, non si parte da zero: esistono studi sui giovani vissuti in zone di conflitto, come per esempio sui bambini reclutati dalla Lord’s Resistance Army in Uganda di Joseph Kony. Oppure, ci sono giovani adulti che sono entrati in gruppi violenti come le gang negli Usa. I bambini o i ragazzini, spiegano le ricercatrici, <<possono commettere crimini a causa della mancanza di maturità, della loro suscettibilità all’influenza dei coetanei o degli adulti e delle circostanze sociali, tutte cose, queste, che possono modificarsi a mano a mano che maturano>>. E che cominciano a sviluppare la giusta sensibilità e cultura in materia di vita e di morte.

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