“Tu avevi le ali”. Così Benito Mussolini ricordava il figlio pilota Bruno

7 Ago 2017 13:27 - di Antonio Pannullo

Il 7 agosto 1941 all’aeroporto di Pisa moriva il capitano pilota Bruno Mussolini, terzogenito figlio amatissimo di Benito Mussolini e Rachele Guidi. Da pochi mesi era comandante della 274ma Squadriglia Bombardamento a Grande Raggio inquadrata nel 46° Stormo, con sede a Pisa. Da poco erano stati assegnati i nuovi quadrimotori Piaggio P.108B, e fu proprio al comando di uno di questi bombardieri che Bruno Mussolini perse la vita, quando i motori si piantarono in fase di atterraggio e lui non riuscì a riprendere quota. Volontario in Spagna e in Africa, dove si ricoprì di gloria, Bruno effettuò numerose trasvolate e ottenne numerose ricompense al Valore militare e aeronautico. Ma non è della sua carriera che vogliamo parlare oggi, quanto dell’aspetto umano della tragica vicenda, e di come ciò probabilmente influì sulla sua famiglia. Come racconta Benito Mussolini nel suo straziante libro Parlo con Bruno, scritto poco dopo la morte del pilota, Bruno fin da piccolo era attratto dalla velocità, dallo sport,dalla vita avventurosa. Secondo il padre, Bruno fu indelebilmente colpito dalla passione del volo all’età di sette anni, quando ebbe il suo battesimo dell’aria sul lago di Varese. Scrive il Duce: “Ti rimase di quel volo un’impressione incancellabile. Ricordavi quel volo sempre con emozione. Era una grande novità sopraggiunta nella tua vita. La tua infanzia aveva già affrontato un rischio. Avevi sentito la bellezza del volo.Da quel giorno ti sentisti diverso dagli altri, poiché avevi solcato le vie inconsuete al resto degli uomini”. E aggiunge: “Ci sono uomini che sono negati al volo. Ci sono uomini che hanno le ali. Tu avevi le ali”. Bruno Mussolini aveva studiato al liceo classico Tasso di Roma, dove andava a piedi da Villa Torlonia. A 17 anni fu il più giovane pilota d’Italia. Poi l’Etiopia, la Spagna, i record. Ma quello che è importante sottolineare è che lui non ricercava onori, ma era una persona discreta, che non approfittò mai del suo cognome potente per fare carriera. “Eri uno dei tanti”, scrive ancora il padre nel suo struggente libro. Particolarmente impressionante è il capitolo Presentimenti, in cui Benito Mussolini ricorda gli ultimi giorni prima della morte del figlio. “Ora, ripensando ai giorni di questa estate ormai finita, molti episodi e dettagli e impressioni mi tornano alla mente. Talvolta guardandoti avevo l’impressione che qualche tristezza ti angustiasse l’animo”. Si parla dei primi giorni dell’agosto 1941, pochissimi giorni prima che l’aereo si schiattasse. “Talvolta rimanevi silenzioso e assorto. Mi sembrava che tu stessi per dire addio alla tua bella giovinezza, che era fiorita nella forza, nell’ardimento in pace e in guerra”. E ancora: “quando l’irreparabile succede, c’è qualcosa nell’aria che lo preannuncia. Gli uomini affaccendati non ci badano, se ne ricordano dopo. V’è dunque – si chiede il pragmatico Mussolini – un mondo del soprasensibile che noi non abbiamo ancora esplorato e che forse non possiamo esplorare? Mai le mie notti furono così lunghe come nell’ultima estate. Mi sembrava che non finissero mai. Di giorno, qualche volta, una specie di inesprimibile angoscia mi afferrava, qualche cosa che non riuscivo a spiegare”. Il Duce apprese la notizia così: “La mattina del 7 agosto io non ero tranquillo. Verso le 11 qualcuno a Palazzo Venezia mi dice: – Bruno, poco fa a Pisa, è caduto e sta molto male. -È morto? – domando io. – Sì – È la risposta”. A quel punto Mussolini parte immediatamente e per Orbetello insieme con Galeazzo Ciano, dove c’è l’altro figlio Vittorio, anch’egli pilota, ad attenderlo. “Ci abbracciamo senza parole. Persone che non ricordo mi accompagnano nella tua stanza. Tu sei là, disteso sopra un lettuccio, immobile, con la testa fasciata sino agli occhi chiusi”. Fu un dramma nazionale: questo ragazzo, Brunone, come lo chiamavano in casa, schivo, coraggioso, sportivo, era ambissimo dagli italiani. Vittorio ricorda, si era già in guerra, che quella fu l’ultima circostanza in cui tutto il popolo italiano si strinse intorno ai Mussolini. Concludiamo questo ricordo di Bruno con una parte dell’ultima pagina del libro di Benito, intitolata Congedo. “Il nome dei Mussolini – di quelli che furono, di quelli che saranno – ha avuto dal tuo vivere e dal tuo morire il sigillo di una nobiltà imperitura. Nelle molte generazioni dei Mussolini c’è ora un giovane capitano che veramente, fascisticamente sdegnava la vita comoda, che di tutte le attività scelse la più rischiosa, che servì in pace e in guerra l’Italia e che nell’adempimento del suo dovere morì”. E il Duce finisce così: “Prendo congedo da te, Bruno.Quanto tempodovrà trascorrere prima che io discenda nella cripta di San Cassiano per dormire accanto a te il sonno senza fine? Ecco un interrogativo che non mi turba (…) Tu sei uno dei tanti. E non volesti essere che uno dei tanti”.

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