Napoli, Cardarelli nella bufera: «Un cadavere lasciato vicino al bagno»

30 Ago 2017 16:59 - di Viola Longo
cardarelli

Un nuovo caso travolge la sanità partenopea: all’ospedale Cardarelli di Napoli un cadavere è stato lasciato nella medicheria, nei pressi di un bagno al quale accede anche il pubblico. A denunciare l’accaduto è stata la figlia di una paziente, a sua volta avvertita da una compagna di stanza della madre. La direzione sanitaria dell’ospedale ha ridimensionato la vicenda, ma non l’ha negata, giustificandosi con il fatto che quell’area dovrebbe essere accessibile solo al personale. 

La denuncia sui social: «Stavo per svenire»

«Ho fatto fatica a crederci, ma quando sono arrivata dentro ho constatato di persona il livello di degrado a cui siamo arrivati. Stavo per svenire. Poi, ho deciso, dopo sette ore trascorse in pronto soccorso in attesa, che mia madre fosse ricoverata e dopo una notte sulla barella in corridoio proprio a fianco del pover’uomo che già era in agonia: tutto questo va denunciato», ha scritto la ragazza sui social. L’uomo, secondo quanto ricostruito, era arrivato in codice rosso al Pronto soccorso. Dopo il suo decesso, il corpo è rimasto su una barella coperto da un lenzuolo per circa 50 minuti, come ammesso anche dalla direzione sanitaria del Cardarelli.

La replica della direzione del Cardarelli

«Dopo il decesso, al fine di permettere la composizione della salma ed evitare che la stessa restasse nell’area di degenza, come del resto da prassi, si è provveduto al trasferimento nella medicheria del reparto. L’area in questione – si legge in una nota diffusa dall’ospedale – è inibita ai degenti ed è riservata esclusivamente al personale. La salma è stata poi prelevata alle ore 10.50 e trasportata all’obitorio». «Il paziente, come sempre accade al Cardarelli, ha ricevuto il massimo rispetto, nella malattia e, purtroppo, anche nella morte», era la conclusione della nota. La direzione sanitaria, inoltre, ha avvertito che «provvederà a intraprendere ogni azione necessaria al fine di evitare che la distorsione dei fatti possa causare un danno di immagine all’azienda ospedaliera». 

 

 

 

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