Dopo Emanuele e Niccolò, altro caso a Jesolo. La discoteca è ormai un luogo di morte

17 Ago 2017 12:02 - di Renato Berio

Quattro mesi fa Emanuele Morganti, di Tecchiena (Alatri), 20 anni, viene selvaggiamente picchiato prima dentro una discoteca nel centro di Alatri e poi fuori. I buttafuori che avrebbero dovuto proteggerlo, partecipano al pestaggio. Emanuele muore dopo una breve agonia. Si attendono ancora risposte chiare sulla dinamica di quel brutale omicidio. Anche in quel caso, la piazza del paese è piena di gente, giovani inebetiti dall’alcol, inerti, forse spaventati. Guardano ma non fanno nulla.

Ora si parla della sfortunata sorte di Niccolò Ciatti, 22 anni, di Scandicci. Un altro bravo ragazzo, bello e pieno di vita, stroncato dalla violenza brutale di un coetaneo, un ceceno addestrato alla lotta, ubriaco e drogato (già, perché i drogati fanno anche questo. Sono violenti e pericolosi, ma non è di moda dirlo…). Niccolò, senza saperlo, senza volerlo, ha trovato la morte nel paradiso del divertimento sulla Costa Brava. In una discoteca dove si ammucchiavano 2000 persone ogni sera, con solo 9 guardiani a sorvegliare che non accadesse nulla. E infatti qualcosa purtroppo è accaduto. E chissà quante altre risse, quante altre scazzottate, che non sono finite in prima pagina. 

E ora apprendiamo del caso di Jesolo, alla discoteca Vanilla club, dove un 24enne di Pianiga, Daniele Bariletti, è stato brutalmente aggredito nella notte di Ferragosto. L’aggressore era un attaccabrighe, uno che voleva menare le mani. Grosso, alto, biondo. Ma non ha un nome. Ha provocato Daniele, gli ha gettato addosso una bevanda. Poi i colpi, violentissimi. Daniele è finito in coma, dal quale sembra essere fortunatamente uscito ieri notte. I genitori hanno lanciato un appello su Fb: aiutateci a trovare chi ha ridotto in fin di vita nostro figlio. Magari lo troveranno,ma forse anche no. E se lo troveranno lui, l’aggressore, dirà: che ho fatto? Oh, che cosa orribile… quanto sono pentito… scusate, mi ero drogato, mi ero imbottito di alcol…

Ecco, nelle discoteche si fa questo. Magari non tutti lo fanno, ma la maggior parte sì. E non si chiami divertimento ciò che ha un altro nome: sballo. E sballo significa caduta di ogni freno inibitorio. Istinti di violenza ferina che vengono fuori e hanno bisogno di un obiettivo su cui sfogarsi. Chi capita, capita. Come in una tragica roulette russa. Magari il malcapitato finisce solo all’ospedale, magari neanche denuncia. O magari finisce all’altro mondo. E allora tutti a stracciarsi le vesti, come se non si sapesse che le discoteche possono diventare facilmente luogo di morte e di violenza. Ogni fine settimana. In ogni paese. In ogni città.  Dice: tutti guardano e non fanno niente. Si chiama assuefazione. E’ così. Perché nasconderlo? E l’orario più a rischio è sempre lo stesso, tra le tre e le tre e mezza del mattino. Chiuderle prima queste discoteche? No, per carità, proprio quando la notte è giovane. Obbligarle a fare entrare meno persone? E che siamo matti, c’è gente che ci lavora con le discoteche. Obbligare i buttafuori a fare il loro lavoro? Ma quando mai, che colpa hanno i buttafuori? Ecco, questo è lo stato della discussione sull’argomento discoteche/giovani/violenza brutale/morte. In attesa del prossimo caso di cronaca nessuno farà niente, dentro e fuori dai locali. 

 

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