Dalla guerra a Saddam alla sfida ai piromani: le imprese del generale-eroe (video)

11 Ago 2017 14:18 - di Antonio Pannullo

Sì, ho iniziato da incendiario e ora sono un pompiere”, dice scherzando il generale di divisione aerea della riserva Antonio Urbano, attuale pilota di Canadair. Urbano in fatti partecipò a Desert Storm nel 1991, e aveva sotto di sé i piloti Cocciolone e Bellini, abbattuti dagli iracheni e tenuti prigionieri per oltre un mese. In Aeronautica dal 1972, Urbano ha una grandissima esperienza. Prese il brevetto all’accademia di Pozzuoli, dalla quale uscì sottotenente. Nel 1976 fu alla scuola di volo di Lecce e l’anno successivo fece la scuola avanzata di Amendola per i jet G91, A Grosseto imparò a pilotare gli F104. Nel 1978 entrò nelle Pantere nere di Treviso nel 155° Gruppo del quale ancora idealmente si sente parte. Dal 1979 al 1982 è stato in varie occasioni in Sicilia per le operazioni relative alla crisi con la Libia, e nel 1984, ormai capitano il 155° fu allertato per la questione libanese. L’anno successivo, quando furono introdotti i Tornado, Urbano andò a Ghedi e poi a Piacenza col 50° stormo sempre inserito nel 155° Gruppo di cui Urbano divenne comandante. “E mentre tutti aspettavano con preoccupazione che la Guerra Fredda con l’Unione Sovietica diventasse “calda” – racconta Urbano – l‘Iraq invase il Kuwait, e il fronte occidentale dovette in qualche modo cambiare baricentro”. Nel 1990 scoppiò la Crisi del Golfo e fu composta una nuova unità, il Reparto Volo Autonomo di Al Dhafra stanziata ad Abu Dhabi. “Ad agosto la situazione si scaldò: iniziò Desert Shield, che per noi era l’Operazione Locusta e a settembre 1990 mi venne affidato il comando dei dieci Tornado”. Come è noto, il 17 gennaio 1991 iniziò Desert Storm. Ricorda Urbano: “Ma per noi, a causa del voto del parlamento, iniziò solo il giorno successivo. Partecipai personalmente a dieci missioni come capo formazione, in Kuwait e nel sud dell’Iraq. Quella notte vi fu il maggior numero di perdite aeree per la Coalizione, poco più di una decina, tra cui il Tornado italiano”. Per il suo comportamento nella Guerra del Golfo Urbano ricevette, sempre nel 1991, l’Ordine Militare d’Italia dall’allora presidente Francesco Cossiga, assieme al generale Arpino, mentre Bellini ricevette la Medaglia d’Argento al Valor Militare. Finita la missione Urbano rientrò a Gioia del Colle, al comando della formazione di Tornado, e poi a Piacenza dove divenne capo ufficio operazioni del 50° Stormo, per poi trascorrere un periodo allo Stato Maggiore a Roma. Nel 1992 andò come addetto aeronautico all’ambasciata italiana ad Abu Dhabi, avendo una profonda conoscenza di quel Paese. Nel 1995 tornò ed ebbe il comando del 32° Stormo cacciabombardieri di Amendola che aveva appena ricevuto gli Amx Ghibli. “Sì, in quel periodo principalmente pattugliammo le coste albanesi, perché gli elicotteri militari albanesi scaricavano profughi in Puglia, e una volta era persino atterrato un pilota in fuga con un Mig a Lecce”. A Bari svolse le funzioni di capo ufficio operazioni della Terza Regione Aerea responsabile dei reparti del Sud Italia. “in quel periodo ci fu la famosa transformation, ossia una nuova organizzazione delle forze armate ed in particolare dell’Aeronautica Militare, in quanto non c’era più il pericolo dell’Est. Nel 1999 andai a Milano al comando della divisione cacciabombardieri. Nel 2000′ divenni generale di brigata aerea. Rimasi a Milano fino al 2003, dove facemmo moltissime operazioni di addestramento e partecipammo alle missioni in Kosovo”. Urbano non li dice, ma ricordiamo benissimo che in Kosovo l’Italia ufficialmente faceva “operazioni di difesa attiva”, ossia bombardava, ma il governo D’Alema non voleva che si dicesse. Dal 2003 al 2005, anno del congedo Urbano fu a Roma come vice capo reparto operazioni e addestramento dello Stato Maggiore.

La “seconda vita” del generale Urbano

Ad Antonio Urbano, però, piaceva volare. Non concepiva la sua vita senza il volo. Così, dopo essersi guardato attorno, dato che voleva continuare in ogni caso a operare per il bene comune e perché il lavoro era interessante, si rivolse alla società Sorem, ora non più esistente, che aveva in gestione una quindicina di Canadair CL415 della Protezione Civile, in aggiunta ai sette CL215 di proprietà, che differiscono dai primi per una diversa motorizzazione, meno potente ma altrettanto efficienti. Urbano ci ha raccontato che la storia dei Canadair italiani iniziò con i grandi incendi dell’Argentario, uno nel 1976 e uno nel 1981, quando “Suni” Agnelli, allora sindaco, che dirigeva le operazioni antincendio non dall’ufficio in comune ma facendosi portare sui vari fronti del fuoco da una moto, una Suzuki 500 Titan, se ricordiamo bene, capì che non era possibile arrivare coi mezzi terrestri nel cuore dell’incendio e che bisognava agire dall’alto. Così telefonò a Giscard d’estaing, suo amico, e si fece inviare due aerei antincendio, che domarono le fiamme in poco tempo. Fu così, grazie a questo sindaco intraprendente, che l’Italia decise di allestire una flotta di Canadair. In Italia fino ad allora c’erano dei G222 trasformati, che però non erano in gradi di imbarcare acqua, ma si rifornivano di ritardanti in aeroporto e poi lo sganciavano. Nel mondo ci sono oggi circa 80 Canadair, brevetto canadese, e in Italia 19, di proprietà dei Vigili del Fuoco. “Presi contatto con la Sorem e mi presero subito. Iniziai a lavorare a Ciampino dove avevano la base. Naturalmente pilotare un Canadair è molto diverso che pilotare un caccia, ma in realtà alcune cose sono molto simili: si vola a bassa quota, mentre di differente c’è che il nostro impiego avviene soprattutto di giorno”. E a proposito di aerei da caccia e di guerra, ad Urbano è capitato un episodio esilarante con il Canadair: “Era il 2006. Ci chiamarono da Mondragone perché c’era un grosso incendio sul Monte Massico. Caricai seimila litri di acqua e mi diressi verso il monte, quando a un certo punto fui …intercettato da una contraerea. Istintivamente accennai a una manovra di evasione, vedendo le caratteristiche nuvolette di fumo esplodere in aria davanti a me. Dopo alcuni secondi, insieme al mio copilota, realizzammo che c’era una processione a Falciano del Massico, con tanto di fuochi artificiali. Ci dirigemmo sul monte e spegnemmo l’incendio”. Gli chiediamo come fanno a caricare acqua senza ammarare e se l’operazione sia rischiosa: “Innanzitutto la Forestale, che osserva l’incendio, deve dirci se vuole il ritardante o l’acqua. Il ritardante si utilizza più che altro la sera o se c’è nelle vicinanze un fabbricato che può correre imminente pericolo. Per caricare acqua di effettua il cosiddetto volo radente, ossia si comincia a correre sulla superficie dell’acqua come una barca, poi vengono fuori due piccoli portelli sotto la chiglia (probes) che fanno entrare l’acqua nella stiva per forza dinamica. In pochi secondi l’operazione è compiuta e si può riprendere il volo. Dall’alto si osserva meglio l’incendio, e da terra c’è la figura del Dos, direttore operazioni spegnimento, che ci indirizza e autorizza gli sganci”. Urbano nel corso della sua carriera di pilota di Canadair è stato dappertutto in Italia e spesso anche all’estero: Francia, Spagna, Portogallo, Croazia, Turchia, Grecia, Libia, Georgia, Albania, Montenegro e persino in Russia, dove, qualche anno fa, nel 2010, ci furono furiosi incendi in tutto il Paese, tanto che non si poteva vedere a causa del fumo intenso. “Non potemmo operare a Mosca a causa dei pirocumuli, così ci trasferimmo a Samara, vicino Togliattigrad, che oggi si chiama solo Togliatti. Prendevamo l’acqua sul Volga e nei bacini artificiali, fu un lavoro durissimo. Loro avevano un Beriev 200 antincendio, ma ricordo che ebbe un’avaria, così rimanemmo in due contro un fronte enorme. Facemmo ben 200 sganci in poche ore. Dopo qualche giorno l’incendio fu domato e facemmo una bellissima figura davanti a tutto il mondo, perché in Russia quegli incendi erano diventati una vera emergenza. Ricordo che ci ospitarono nei giorni seguenti e addirittura una domenica, alcune coppie che si univano in matrimonio, vollero gli equipaggi dei Canadair alla cerimonia come testimoni di nozze”. Il ministero li decorò anche con un’alta onorificenza al merito civile. Urbano ha oltre 2000 ore di volo sul Canadair, per un numero di quasi mille missioni. Le basi fisse dei nostri Canadair sono a Ciampino, Lamezia Terme e Genova, per un totale di 19 aerei. Quest’anno abbiamo 14 aerei in linea per l’Italia e due per l’Europa. Ogni estate vengono decise le basi regionali, che quest’anno sono a Olbia e Trapani, mentre d’inverno ci sono 6 velivoli in prontezza. “L’anno scorso abbiamo fatto d’inverno numerosi interventi in Liguria: bruciava come se fosse estate”. Se gli chiediamo il suo ricordo più bello, Urbano racconta di una villetta nei boschi completamente circondata dalle fiamme, con gli abitanti in preda al panico: “Dopo 7/8 sganci riuscimmo a spegnere l’incendio, e passando davanti a quella casetta trovammo sul terrazzo tutta la famiglia, uomini, donne, bambini, che ci salutavano festosamente con la mano”. E il momento più brutto? “Una volta eravamo sopra Fara Sabina, stava bruciando un bosco, l’acqua la prendevamo al lago del Turano. L’incendio era quasi spento, quando, prima dell’ultimo sgancio, si pianta un motore, che è l’incubo di ogni pilota di Canadair. Allora ho sganciato poi ho governato il velivolo, il sistema automatico ha messo le eliche in bandiera, ho dato potenza all’altro motore e poi siamo atterrati a Ciampino, tranquillamente”.

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