Trump, tweet al vetriolo: «Washington non è una palude, è una fogna»

24 Lug 2017 16:08 - di Redazione

“Palude”? Macché, semmai “fogna”. Donald Trump non fa mistero di essere molto amareggiato per il fuoco di fila cui è sottoposto da quando decise di competere per la Casa Bianca e a maggior ragione dopo aver tagliato il traguardo che lo ha consacrato presidente degli Stati Uniti d’America. Di più: si può tranquillamente affermare che dal giorno del suo giuramento, Trump non ha trascorso una sola ora senza essere attaccato, vilipeso e minacciato. In compenso, lui scarica la sua delusione contro i media americani, tutti concordi – a suo dire – nell’impedirgli di governare.

Il presidente deluso anche dai repubblicani

Per un tycoon come lui, i giornali sono i primi fiancheggiatori dei suoi nemici, a loro volta legati a doppio filo ai politicanti di stanza a Washington. E proprio la Capitale è la destinataria di un tweet presidenziale: «È molto peggiore di quanto io immaginassi, e tutto inizia con le fake news. “Prosciuga la palude” – vi si legge – dovrebbe essere cambiato in “prosciuga la fogna”». “Prosciuga la palude” era il suo slogan in campagna elettorale. Evidentemente, non basta più. E poche ore dopo che, sempre via Twitter, Trump ha attaccato duramente l‘establishment politico repubblicano, accusando senatori e deputati Gop, anche quelli che hanno ottenuto la rielezione sulla scia del suo inaspettato successo elettorale, di non difenderlo. E non è tutto. Trump, infatti, ha lisciato contropelo anche i repubblicani: «È molto triste che anche alcuni che io ho portato al traguardo sulle mie spalle, facciano molto poco per proteggere il presidente». Trump ci ha abituato a toni sopra le righe.

Russiagate: il Senato ha ascoltato Kushner, genero di Trump

In questo caso, però, la sua amarezza scaturisce dalle strumentalizzazioni sul cosiddetto Russiagate, cioè il caso montato in merito alle presunte pressioni russe sulle presidenziali Usa, che proprio in queste ore si è arricchito della testimonianza (a porte chiuse) resa al Senato da Jared Kushner, genero e consigliere del presidente. Kushner ha precisato di non aver avuto «contatti impropri» con i russi né di essersi affidato ai fondi di quella nazione «per finanziare le mie attività imprenditoriali nel settore privato». Un passaggio della testimonianza è stato dedicato anche all’incontro tenutosi nell’estate 2016 alla Trump Towers per iniziativa di Donal Trump jr., il primogenito del presidente: «Ho partecipato solo 10 minuti, durante i quali mai si è parlato di campagna elettorale».

 

 

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