Sicilia, Alfano bussa ma FI apre a metà: «Alleanza non esportabile»

28 Lug 2017 15:44 - di Valerio Falerni

Angelino Alfano bussa, ma Berlusconi non apre. Non del tutto almeno, stando a indiscrezioni e boatos. Qualcosa tuttavia si muove, e non è poco se il “qualcosa” in questione è la Sicilia, terra natìa dell’attuale ministro degli Esteri, ma anche del famoso 61 a 0, il più clamoroso cappotto elettorale della Seconda Repubblica con tutti i collegi elettorali, nessuno escluso, in capo al centrodestra. E proprio la Sicilia rappresenta l’ultimo grande test elettorale prima dello show-down politico del 2018. Per questo, nessuno lo vuole fallire. E per questo nessuno o sottovaluta.

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Non i grillini, che sperano nel pienone e nella vittoria sule ali del “soli contro tutti”; non la destra di FdI-An che proprio in queste ore ha schierato un candidato del calibro di Nello Musumeci. E neppure il Pd, orfano di Piero Grasso, suo candidato ideale, sebbene costretto sulla difensiva da un sempre più imbarazzante Crocetta. Soprattutto, non le sottovaluta Berlusconi deciso a rinverdire i fasti di laboratorio politico della Sicilia. Il suo obiettivo sono i centristi guidati da Alfano, a patto – però – che il tutto resti confinato nell’Isola. Un’eventuale esportazione nel continente dell’alleanza con Ap, ragiona il Cavaliere, «l’elettorato non la comprenderebbe». Ma la revoca della «fatwa a livello nazionale» è proprio la condizione posta da Alfano in un’intervista al Tempo. Bisogna comprenderlo: teme il trappolone e quindi chiede garanzie per sé e per gli altri. Ma il problema è solo lui: «Un ritorno dell’attuale ministro degli Esteri – fanno sapere da Forza Italia – verrebbe infatti percepito negativamente dall’elettorato, tanto che il saldo tra voti guadagnati e persi risulterebbe negativo». Più arzigogolato il percorso di Alfano: «Sono pronto a sottoscrivere un progetto – dice – che contempli un’alleanza nella quale noi ritorniamo a essere parte attiva come componente centrista».

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Ma prima c’è la Sicilia. E Alfano spiega il suo doppio piano: «Ho proposto a Miccichè (plenipotenziario di Berlusconi in Sicilia, ndr) di dare la presidenza a noi, così potremo contare di più. In alternativa, se Forza Italia vuole vincere con un proprio candidato governatore che avrebbe bisogno dei nostri voti, deve darci la garanzia che a livello nazionale ci sia tolta la fatwa». Pare che Micciché abbia risposto di sì proponendo ad Alfano un incontro a quattro con Letta e Ghedini. Ma Alfano non si fida: «Temo che potrebbero dirmi di sì per poi violare l’accordo». In realtà, la questione è strettamente correlata alle manovre in corso sulla legge elettorale: un ritorno al proporzionale metterebbe tutti d’accordo con berlusconiani e alsaziani pronti a riabbracciarci in Parlamento nell’appoggio al comune governo. Nel frattempo, Alfano fa il prezioso: «Attualmente – rivela al direttore del Tempo Gian Marco Chiocci – io sono corteggiatissimo come non mai dalla sinistra in Sicilia, perché il Pd è disperato dopo che Grasso ha rifiutato la candidatura. Così hanno proposto a me e ai miei uomini di scendere in campo».

 

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