RSF: “La Turchia? È la più grande prigione al mondo per giornalisti”

25 Lug 2017 17:38 - di Redazione

Si è aperto a Istanbul il processo contro 19 persone, compresi 17 giornalisti e dirigenti del quotidiano Cumhuriyet, critico nei confronti del presidente Recep Tayyip Erdogan. Gli altri due imputati sono un giornalista che lavora da Washington e un amministratore di un account Twitter. Sono tutti alla sbarra con accuse di sostegno a “organizzazioni terroristiche armate”, con un riferimento al Pkk, al movimento dell’imam Fetullah Gulen e al Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo (Dhkp-C). Undici reporter e dirigenti di Cumhuriyet sono detenuti, compresi il vignettista Musa Kart, l’editorialista Kadri Gursel e il giornalista investigativo Ahmet Sik. “Vogliamo giustizia”, titola stamani in prima pagina Cumhuriyet. Tra gli imputati c’è anche Can Dundar, l’ex direttore di Cumhuriyet che vive in esilio in Europa. Due anni fa le sue rivelazioni su presunte forniture di armi ai ribelli siriani fecero infuriare il governo di Ankara. Gli imputati, alcuni dei quali detenuti dalla scorso ottobre, rischiano una condanna fino a 43 anni di carcere. Per gli attivisti il processo che si è aperto a Istanbul è un tentativo del governo di “mettere a tacere” le voci di dissenso. Dal fallito golpe dello scorso anno in Turchia più di 50mila persone sono state arrestate con l’accusa di legami con Gulen, ritenuto da Ankara l’ispiratore del tentativo di colpo di stato del 15 luglio 2016. In carcere ci sarebbero più 165 operatori dei media, compreso il giornalista Deniz Yucel, corrispondente di Die Welt. Dal mese scorso è in carcere tra gli altri anche Enis Berberoglu, deputato del partito di opposizione Chp, accusato di aver passato informazioni a Cumhuriyet sulle presunte forniture di armi. “La Turchia è divenuta la più grande prigione al mondo per giornalisti”. È la denuncia arrivata dal presidente dell’organizzazione Reporters sans frontières (RSF), Pierre Haski, che a France Inter ha parlato del processo che si è aperto oggi contro giornalisti e amministratori di Cumhuriyet, quotidiano di opposizione laica al presidente Erdogan. Il processo, ha detto il giornalista francese, è “emblematico di quanto sta accadendo oggi in Turchia, divenuta una democratura, un mix di democrazia e dittatura in cui si salva in apparenza il pluralismo, dove viene esercitato un controllo sempre più forte sulle istituzioni e sono scomparsi i contropoteri”, ha aggiunto Haski.

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