L’Anm dichiara finita la pacchia: i magistrati scelgano tra toga e politica

16 Lug 2017 13:00 - di Francesca De Ambra

Toghe e partiti, magistrati e politica. Dev’essere davvero colma la misura di questo rapporto, costituzionalmente incestuoso, se le maggiori perplessità derivanti dall’impegno nelle istituzioni di giudici e pm arrivino proprio dai togati. Categoria cui non appartiene il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Giovanni Legnini che, in un’intervista al Messaggero, ha auspicato una legge che tenga fuori dai tribunali i magistrati passati all’impegno politico. In tal senso, vi è già una delibera del Csm. La sua proposta – e questa è la novità – non sembra dispiacere ai possibili destinatari.

Albamonte (Anm) d’accordo con Legnini (Csm)

Con Legnini si è infatti detto d’accordo Eugenio Albamonte, che ha preso il posto di Piercamillo Davigo alla guida dell’Anm, il sindacato dei magistrati. Albamonte, anzi, solleva un aspetto non toccato da Legnini: l’impegno di magistrati in elezioni comunali. Ma è un aspetto che – come sottolineato dallo stesso Albamonte – non viene contemplato neppure dalla normativa in vigore che riguarda la candidatura alle politiche ma non alle amministrative. E questo, argomenta il leader dell’Anm, «crea una posizione che non è virtuosa». Attualmente, infatti, un magistrato può fare il politico al livello locale e, contemporaneamente, continuare a svolgere l’azione giudiziaria, «purché – ricorda il presidente dell’Anm – non avvenga nello stesso circondario». È un vuoto che andrebbe colmato.

Sul caso Di Matteo vuoto normativo

Albamonte è intervenuto anche sul caso Di Matteo, il pm del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia di recente passato alla Direzione nazionale antimafia (Dna), che in un recente intervento sulla stampa si è detto disponibile ad accettare l’incarico di ministro, probabilmente quello dell’Interno, in un eventuale governo a Cinquestelle. Una disponibilità che Albamonte non esita a bollare come «un’altra anomalia». E ne spiega il motivo: «Il sistema vigente – ricorda il presidente dell’Anm – prevede che il magistrato entri in aspettativa prima di candidarsi, nulla dice, invece, rispetto ad un incarico di governo. Probabilmente perchè, in genere, le designazioni di questo tipo sono successive alle elezioni. La particolarità di questo caso è che invece la chiamata è già stata annunciata e raccolta. È una situazione che somiglia a quella di una candidatura, ma la legge non prevede nulla in proposito, è un altro vuoto normativo».

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