Crescita pil, il Fmi: bene l’Eurozona. Usa e Gran Bretagna con il freno tirato

24 Lug 2017 12:54 - di Redazione

Crescita del pil oltre le attese per Francia, Germania, Spagna e – udite udite! – anche l’Italia (+1,3 nel 2017, +1,0 nel 2018). A dirlo, il Fmi (Fondo monetario internazionale). Relativamente alla nostra economia, i due dati crescono rispettivamente di 0,5 punti percentuali per l’anno in corso e di 0,2 punti percentuali per il prossimo. Una buona notizia che, tuttavia, non autorizza a coltivare particolari illusioni sullo stato di salute dell’«azienda Italia»: il tasso di crescita del nostro pil, pur rivisto in aumento rispetto alle previsioni relative al primo trimestre dell’anno in corso, resta comunque bel al di sotto di quello stimato all’1,9 per cento dal Fmi per l’Eurozona relativamente al 2017 e dell’1,7 per il 2018.

Bene anche l’Italia: +1,3 nel 2017

In ogni caso, se le maggiori economie della Ue possono tirare un sospiro di sollievo, qualche segno di incipiente sofferenza arriva dagli Stati Uniti. A frenare l’economia Usa – sottolineano gli analisti finanziari – sarebbero le politiche di bilancio poco espansive di Donald Trump. A giudizio del Fmi, infatti, nel 2017 il pil statunitense crescerà del 2,1 per cento, due decimali in meno rispetto alla precedente previsione. Stesso livello di crescita è previsto anche per il 2018, ma in questo caso i decimali mancanti rispetto alle previsioni dello corso aprile sono ben quattro: «C’è incertezza sulla natura delle politiche dell’amministrazione Usa e sui suoi tempi», è la diagnosi dell’Fmi. Nessuna variazione, invece, per la crescita del pil globale: 3,5 per cento nell’anno in corso; 3,6 nel 2018.

Sull’Inghilterra pesa l’incognita Brexit

Secondo il Fondo Monetario, «la ripresa globale va avanti, i rischi nel breve termine sono bilanciati mentre quelli del medio sono confermati al ribasso». Oltre all’incognita dell’Amministrazione americana, pesano però l’incertezza politica della Gran Bretagna – le cui stime di crescita per il 2017 sono state riviste al ribasso dal Fmi (1,7 per cento e non 2) in seguito alla Brexit – e le tensioni finanziarie in Cina.

 

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