Addio a George Romero e Martin Landau, pionieri dell’imperscrutabile (2 VIDEO)

17 Lug 2017 17:32 - di Priscilla Del Ninno

Hanno dato l’addio alle scene insieme: nel giro di poche ore di differenza il mondo del cinema si è ritrovato a piangere George Romero e Martin Landau, un regista e un attore che, nella loro diversità, hanno comunque indagato dimensioni parallele e inimaginabili per gli anni che hanno accolto i loro successi: il 1968 che ha visto l’uscita del capolavoro di Romero, La notte dei morti viventi, e il fatidico Spazio 1999, oggi abbondantemente alle nostre spalle, eppure così lontano nel 1973, quando è stata presentata al pubblico per la prima volta la puntata d’esordio della serie televisiva italo-britannica di fantascienza, ideata da Gerry e Sylvia Anderson.

Addio a George Romero, insuperato maestro del genere zombie

Il primo, un film che non solo ha definito un genere, ma che lo ha anche reso cult: oggi il suo regista, George Romero, si è spento dopo aver strenuamente lottato contro un cancro ai polmoni che ne ha fiaccato la forza fisica fino a portarselo via, ma la testimonianza del suo talento autoriale e del gusto cinematografico, restano immutabili nel tempo in quel piccolo capolavoro horror girato nel  1968. Un debutto fortunato che avrebbe poi giustificato la realizzazione di una trilogia sugli zombie, oltre che dettato le linee per tutta la successiva filmografia di genere: quella doc, capace di mescolare alchemicamente paura e critica sociale, cinema d’intrattenimento spettacolare e ricerca estetica d’autore. Un percorso cinefilo che, nel tempo, avrebbe contribuito a giustificare il celebre sodalizio artistico condiviso con il nostro mago del brivido, Dario Argento. Un percorso cominciato proprio – come la leggenda di celluloide iscrive a suo nome – Romero raccogliere  insieme ad un gruppo di amici appassionati i 10.000 dollari con cui realizzare La notte dei morti viventi e coniare un genere: quello dei film sugli zombie che tanta fortuna avrebbero avuto e che oggi è tornato in auge grazie a Walking death. 

Il cinema piange Martin Landau, indimenticabile comandante Koenig

Martin Landau, invece, è e sarà sempre per tutti, il capitano Koenig, comandante in capo e protagonista assoluto di spazio 1999, il fortunato serial incentrato su un evento apocalittico previsto dalla sceneggiatura in un ipotetico fine millennio, a scapito della nostra Luna, sganciata dall’orbita terrestre. Anni e scenari futuristici e fascinosamente imperscrutabili per l’epoca in cui il mitico attore si muoveva con disinvoltura istrionica e classe, le doti che ne hanno sempre contraddistinto bravura e fascino. Landau si è spento domenica sera per una complicazione medica seguita a un affaticamento cardiaco per cui aveva deciso il ricovero in un ospedale a Los Angeles, dove viveva. Lui, newyorchese figlio di due immigrati austriaci di origine ebraica, che aveva cominciato a lavorare a 17 anni al New York Daily News come vignettista e illustratore, ma con in tasca il sogno di fare l’attore. Sogno ampiamente realizzato e addirittura incoronato con un Oscar nel 1995, vinto per la sua magistrale interpretazione di un anziano e malandato Bela Lugosi in Ed Wood di Tim Burton. Eppure, nonostante quel ruolo; nonostante le interpretazioni regalate in Intrigo internazionale di Alfred Hitchcock, come in Tucker-Un uomo e il suo sogno, diretto da Francis Ford Coppola e accanto al protagonista Jeff Bridges; malgraod incursiuoni enll’universo di Woddy Allen con Crimini e misfatti e il successo di cassetta della seri Missione impossibile negli anni settanta, Martin Landau è e resterà per tutti soprattutto il comandante Koenig, l’eroe freddo e determinato a riportare sulla Terra la sua squadra di astronauti perduti nell’infinità delle galassie spaziali.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *