Solo 10 e 4 anni alle due belve che massacrarono il figlio, oggi cieco e sordo

16 Giu 2017 15:03 - di Martino Della Costa
tenta di rapire 3 bimbe al parco

Una storia terribile, che neppure la notizia di un anonimo benefattore milanese, intervenuto per allietarne almeno un minimo i risvolti da incubo, ha potuto in qualche modo sanare dalla portata di crudeltà e di brutalità che la avvolge inesorabilmente. Una storia che oggi ha visto accreditare almeno la sua conclusione giuridica ma che, a livello umano e morale, non potrà mai concludersi in maniera soddisfacente.

Appena pochi anni ai genitori che massacrarono il figlio neonato

E la storia è quella di un bambino, che oggi ha 4 anni, vittima della ferocia dei suoi due genitori quando aveva solo tre mesi, e che di quella inaudita violenza porterà i segni per tutta la vita. Oggi la sua vicenda, come anticipato, è arrivata all’epilogo in tribunale, dove la coppia di belve – non possono nemmeno chiamarsi genitori due entità di quella specie – è stata condannata dal gup di Palermo con l’accusa di avere massacrato di botte il figlio, all’epoco dei fatti alla sbarra solo un neonato. Il bimbo, che oggi ha quattro anni, è cieco e sordo. E allora, il giudice per l’udienza preliminare Nicola Aiello, ha condannato il padre a dieci anni di carcere e la madre a quattro anni e otto mesi, con l’accusa di il tentato omicidio. Decisa anche una provvisionale di 250.000 euro per i danni subiti dal piccolo.

Un pestaggio brutale, frutto di una violenza cieca inaudita

Un piccolo angelo che ha suscitato amore e benevolenza per quella creatura così sfortunata da essere nata in seno a crudeltà e ferocia. Un neonato che, dopo il pestaggio, arrivò in ospedale con lo sguardo perso nel vuoto, fratture agli arti; il cranio fasciato per le botte ricevute proprio accanto alla fontanella; con mezzo cervello schiacciato sotto l’urto di una violenta bastonata che si fa fatica a immaginare anche solo come una bestiale reazione di un padre o di una madre stressati dal pianto innocente di una creatura indifesa e ferita a vita. Una creatura che, nella gara di solidarietà che si animata intorno a lui un istante dopo il ricovero, ha visto scendere in campo un benefattore – che è voluto rimanere anonimo – pronto a restituire una speranza di vita quanto più possibile normale a una vittima innocente della ferocia dissennata dei due “genitori”

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