La Raggi parla e straparla. Ma non dice una parola sugli 800 euro ai rom

5 Giu 2017 10:38 - di Redazione

«Non temo nulla, non ho niente da nascondere». In un’intervista a tutta pagina sul Corriere, Virginia Raggi, che sarà chiamata a testimoniare al processo che vede imputato il suo ex capo del personale Raffaele Marra, evita accuratamente di entrare nel merito dello scandalo sulle chat dei “quattro amici al bar”, il gruppo costituito dalla sindaca con tre dei suoi fedelissimi finiti nel mirino dei magistrati,  oltre a Marra, ora in carcere con l’accusa di corruzione, anche Salvatore Romeo e l’ex vicesindaco Daniele Frongia.  Quelle nelle quali la sindaca chiedeva, tra l’altro, informazioni sullo stipendio e sulle norme che regolavano la posizione lavorativa di Renato Marra, fratello del suo potente  braccio destro Raffaele, il cui aumento di stipendio è costato alla sindaca l’accusa di abuso d’ufficio.

La Raggi svicola sugli 800 euro ai rom

Nulla da temere, dice, ben sapendo che la testimonianza al processo è  invece una brutta grana. Non solo, ma dice chiaramente che le dimissioni, in caso di rinvio a giudizio, non sono sul tappeto. A meno che il capo non la costringa a fare le valigie, la Raggi non ha nessuna intenzione di farsi da parte. «C’è un regolamento al quale mi sono sempre attenuta e al quale mi atterrò». Ma è sul terreno minato dei campi nomadi che dà il meglio di sé, vestendo i panni del sindaco sceriffo per sorvolare sulle polemiche delle ultime ore. «A Roma ci sono 9 campi nomadi non autorizzati – ricorda – per cominciare ne chiuderemo due e faremo tornare alla legalità intere zone della città. È l’inizio delle fine dei campi rom». E ancora: «L’intervento sui campi rom è importantissimo e richiesto proprio da chi abita in periferia. La chiusura dei campi è un atto di civiltà. E non ci fermeremo, faremo controlli sui patrimoni di alcune famiglie molto influenti.  O ci si integra con la città, oppure quella è la porta». Fin qui le petizioni di principio e lo sfoggio di interventi “a tappeto” sulla città, dei quali nessuno si è accorto.

«I soldi ce li ha dati l’Europa…»

La Raggi non dice una parola sulla proposta che ha destato critiche trasversali sugli ottocento euro di contributo mensile alle famiglie rom e sinti per pagare l’affitto delle case popolari che il Campidoglio metterà a disposizione dopo la chiusura dei campi nomadi, mentre migliaia di romani sono senza un tetto.  E per difendersi dall’accusa di aiutare i rom piuttosto che i romani in difficoltà tira in ballo l’Europa. «Abbiamo ottenuto 3,8 milioni dall‘Unione europea, quindi i cittadini non spenderanno un euro». Già ma perché un piano sociale parte proprio dai rom? E perché non utilizzare i contributi comunitari per i romani in difficoltà invece che costruire un meccanismo che di fatto significa case gratis ai rom? «Non è vero – taglia corto la Raggi – dopo 13 anni Roma ha un piano sociale realizzato grazie a 15 incontri pubblici nel corso dei quali io e l’assessore Baldassarre abbiamo ascoltato i cittadini». Appunto, solo ascoltati.

 

 

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