Giacche sgargianti e pragmatismo, ecco chi si vuole pappare Esselunga

16 Giu 2017 15:37 - di Paolo Lami

Di una sola cosa si era raccomandato fino allo stremo: che la sua Esselunga non finisse mai e poi mai nei tentacoli della Coop, quella Coop che Bernardo Caprotti aveva infilzato, insieme a tutto il suo sistema di relazioni politico-affaristiche, nell’inossidabile libro “Falce e carrello“. Ma, per il resto, l’uomo che ha costruito l’unico vero impero italiano della Grande Distribuzione Organizzata sotto lo slogan accattivate “Trionfo di freschezza” negli anni del boom economico del Bel Paese, forse, se potesse oggi dire la sua, sarebbe propenso ad accettare la mirabolante offerta arrivata dai cinesi di Yida International Investment.
Nessuno può dirlo con certezza, naturalmente. Ma la sua “visione”, il suo modo etico di fare business lasciandosi dietro impeccabili lezioni di stile e di vita senza, tuttavia, rinunciare alla mission di ogni imprenditore che non è solo quella di ammucchiare soldi con la pala ma anche quella di proteggere i suoi dipendenti e le loro famiglie garantendo loro un futuro migliore, probabilmente avrebbe trovato uno sbocco nell’offerta da 7,3 miliardi dei cinesi. Non per soldi, naturalmente. Ma per garantire una lunga vita al suo sogno. Ed è certo curioso che la Esselunga, nata come Supermarkets italiani SpA, dopo essersi ispirata al modello di business concepito dal capitalista Nelson Rockefeller – vicepresidente americano dal 1974 al 1977 – negli Usa prima di essere esportata in Italia con i suoi soci italiani, i Caprotti, ma anche i Crespi, gli allora proprietari del Corriere della Sera, e altri, possa ora lasciare la Penisola proiettandosi su altri ben più vasti confini, perdipiù sotto la guida di mani asiatiche  che ricordano, per il piglio aggressivo con cui conducono il proprio business, le origini di stampo capitalista, ma in salsa cinese, appunto.
E allora vediamo cosa fanno e chi sono i cinesi di  Yida International Investment che potrebbero mettere le mani sul gruppo italiano della moderna Gdo attraverso il fondo Yida. Non prima però di aver vivisezionato la creatura di Caprotti attraverso una scrupolosa due diligence che dovrebbe durare 75 giorni partendo dal 7 luglio, ultimo giorno in cui l’offerta presentata attraverso lo studio Pettinelli, scade.
Fondata nel 2011, la Yida International Investment che ha sede nella parte occidentale di Pechino, di fronte al lago Qinglong, è concentrata su diversi settori di investimento, dall’immobiliare ai cavalli, dalla Sanità all’energia, soprattutto a quella rinnovabile, dalle miniere in Cina ma anche in Cile, ai parchi a tema. Uno dei progetti più importanti è quello che la Yida sta sviluppando sull’isola caraibica di Antigua per lo sviluppo della Zona Economica Speciale che prevede hotel a cinque stelle, Casinò, ristoranti, parchi acquatici, esercizi commerciali e una città universitaria.
Ora gli eredi Caprotti hanno 21 giorni di tempo per decidere se lasciar passare i cinesi aprendogli le porte di Esselunga e di La Villalta, a cui afferiscono le proprietà immobiliari. Il sogno dell’ex-patron Bernardo, schivo e riservato, potrebbe, a breve, finire nelle mani di Yida Zhang, il manager che ama gli accostamenti arditi, i colori sgargianti e le giacche rosa e che sintetizza così il suo pensiero capitalista: «dobbiamo essere pragmatici, rivoluzionari, aperti e innovativi».

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