Siria, i quattro motivi per cui l’attacco chimico fu una messinscena

12 Mag 2017 15:38 - di Antonio Pannullo

L’attacco chimico di Khan Shaykhun, in Siria, “che secondo i media occidentali sarebbe stato opera delle truppe di Assad“, sarebbe soltanto una “false flag”, ossia un falso, una messinscena. A sostenerlo è Luigi Di Stefano, già perito tecnico per i casi Ustica e Marò, che ha elaborato un dossier in cui prova a smontare pezzo per pezzo quella che definisce “la versione di comodo che i media mainstream hanno dato in pasto all’opinione pubblica occidentale”. E che l’opinione pubblica occidentale si è bevuta tranquillamente. ”Ci sono almeno quattro errori fondamentali commessi dai ribelli antiAssad che hanno organizzato la sceneggiata – sostiene Di Stefano -. Le scene con le persone soccorse dopo l’attacco chimico sono girate dentro una cava che non si trova nella città attaccata; il famoso cratere non è stato creato da un esplosione con gas Sarin ma è semplicemente un razzo andato fuori bersaglio di un attacco a un complesso industriale che si trova a 20-30 metri; soprattutto il famoso video dei bambini, quello che ha scatenato l’indignazione occidentale, che risulta pubblicato su Youtube il giorno prima, il 3 aprile e non il 4″. “Ci sono poi le incongruenze scientifiche su quella che sarebbe dovuta essere la contaminazione, che avrebbe dovuto riguardare decine di migliaia di persone – sottolinea Di Stefano -, per non parlare dei cadaveri utilizzati ad hoc per la messinscena, privi del rigor mortis che un attacco con gas esteri fosforici come il Sarin avrebbe causato immediatamente”, conclude l’esperto, sfidando chi non gli crede a studiare il dossier completo (consultabile al http://www.seeninside.net/siria/) e a confutarlo.

Le foto – fatte da chi? – dell’attacco chimico subito messe in rete

Inoltre, le foto scattate sulla scena del bombardamento sono state pubblicate immediatamente su Twitter e Facebook e condivise dagli attivisti dei “caschi bianchi” siriani e dai popolari blogger dell’opposizione. Questa trama è stata dimostrata dalla corrispondenza tra Mustafa al-Haj Yussef, uno dei leader dei caschi bianchi e Sakir Khader, un fotografo ben conosciuto, scovata e resa pubblica da JAsIrX, un hacker malese, che ha anche pubblicato una lettera sul suo blog che rivela i preparativi per la ripresa filmica del danno del presunto attacco chimico. Intanto si apprende che le forze regolari del governo di Bashar al-Assad “avanzano nel quartiere di Qaboun”, zona sotto controllo dei terroristi della capitale Damasco. Lo riferiscono gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, legati all’opposizione islamica armata al legittimo governo siriano, dopo che nei giorni scorsi il portale di notizie vicino all’opposizione All 4 Syria ha riportato di trattative in corso per arrivare a un “accordo” che preveda l’uscita dei ribelli e delle loro famiglie dall’area. L’obiettivo di Damasco sarebbe arrivare a una “intesa” simile a quella che lunedì ha visto un primo gruppo di ribelli e civili lasciare il sobborgo di Barzeh, la prima operazione del generale nella zona della capitale.

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