Delitto di Fermo, Mancini torna in libertà per il “buon comportamento” in carcere

12 Mag 2017 18:44 - di Redazione

E’ tornato in libertà Amedeo Mancini, l’ultrà della Fermana accusato per la morte di Emmanuel Chidi Nnamdi, il migrante nigeriano deceduto a Fermo dopo una lite per strada, scoppiata perché Mancini aveva gridato ‘scimmia’ alla compagna di Emmanuel, Chyniere. Il Gip del tribunale di Fermo Maria Grazia Leopardi ha revocato gli arresti domiciliari e rimesso in libertà Mancini, 40enne, arrestato nel luglio 2016 con l’accusa di omicidio. Per Mancini resta solo l’obbligo di firma giornaliera presso i Carabinieri. Lo hanno reso noto i suoi legali, gli avv. Francesco De Minicis e Savino Piattoni. Mancini aveva trascorso in carcere il periodo successivo all’arresto, fino ad ottobre e vi era rimasto anche diversi giorni dopo che gli erano stati concessi gli arresti domiciliari, perché non si riusciva a trovare un braccialetto elettronico. Godeva del permesso di recarsi al lavoro nei campi. Il gip, tenendo conto del buon comportamento tenuto dall’uomo in carcere, e dopo ha ritenuto maturi i tempi per il rilascio.

“E’ libero da stamattina Mancini – confermano i suoi legali al Resto del Carlino – in quanto il giudice di sua spontanea volontà ha autonomamente ritenuto maturi i tempi per uno suo completo ritorno in libertà, con l’unico obbligo della firma giornaliera dai carabinieri. Ora Amedeo attenderà da libero il 28 novembre quando la Cassazione dirà se l’aggravante ‘razziale’ sia compatibile o no con la riconosciuta attenuante della provocazione. Qualunque sia la decisione essa non determinerà alcuna diminuzione o quasi della pena patteggiata. Potrà però avere importanza sul piano etico e giuridico, alla luce della motivazione non contestata dalla Procura generale e perciò passata in giudicato, con cui la sentenza del giudice concordò sul riconoscimento della provocazione, con la massima diminuzione di pena possibile. Detta motivazione, infatti, attesta inequivocabilmente, sulla base delle risultanze investigative che sul braccio sinistro di Mancini era restata per giorni l’impronta precisa del colpo che Emmanuel gli aveva inferto col segnale stradale, che a riprova, proprio su quella parte del segnale che aveva “disegnato” la pelle di Amedeo con una specifica e vistosa ecchimosi, era stato rinvenuto il suo dna. Questo accertamento spazza via per sempre – aggiungono i legali di Mancini –le contrarie illazioni, inizialmente alimentate dall’inveritiero racconto di Chenyere e poi dagli esiti apparentemente contraddittori della perizia sul dna, secondo le quali il giovane fermano non sarebbe stato l’aggredito ma addirittura l’aggressore. Dopo il verdetto della Cassazione, Mancini si rivolgerà al tribunale di sorveglianza che, se lo riterrà meritevole, potrà consentirgli di scontare la pena residua sotto forma di affidamento in prova ai servizi sociali”.

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