Damasco: ecco perché Parigi mente sull’attacco chimico, sono coinvolti

27 Apr 2017 15:54 - di Paolo Lami

La Francia mente sulla responsabilità del governo di Damasco nel bombardamento chimico a Khan Sheikhun. E lo fa perché «coinvolta» nella progettazione dell’attacco. E’ durissima la reazione del governo siriano alle accuse della Francia secondo cui i propri Servizi di intelligence avrebbero accertato che c’è Damasco dietro all’attacco con il gas Sarin del 4 aprile scorso a Khan Sheikhun, nel Rif di Idlib, attacco che ha causato la morte di oltre 70 civili, tra cui donne e bambini.

Il rapporto degli 007 transalpini sulla tragedia rivela i risultati dei test effettuati su campioni recuperati nella zona dell’attacco, confermando l’impiego di gas Sarin del tipo prodotto dal regime di Damasco, il solo che avrebbe potuto ordinare questo tipo di raid.

Replica a stretto giro la diplomazia siriana secondo la quale si tratta solo di «bugie e illazioni nel tentativo di nascondere la verità su questo crimine e su chi ne è responsabile». Questo, accusa il rappresentante di Damasco, è una «palese violazione delle autorizzazioni delle organizzazioni internazionali specializzate», come dimostra «il no della Francia e dei suoi alleati presso l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche alla bozza di risoluzione russo-iraniana sulla formazione di una Commissione d’inchiesta neutrale e professionale.

E, come se non bastasse, secondo il governo siriano, «il governo francese non ha né l’idoneità e né la competenza giuridica per stabilire cosa è accaduto
a Khan Sheikhun e trarne conclusioni».

«Gli Stati occidentali sono diventati professionisti nell’arte della bugia e dell’inganno allo scopo di attuare le loro politiche egemoniche sul mondo e tornare all’epoca del colonialismo, dei mandati e dei Protettorati – sostiene Damasco – Quanto accaduto in Iraq e in Libia è la prova di questo sistema e il crimine di Khan Shaykhun si inscrive in questa linea, nel quadro del progetto di cospirazione sulla Siria, per sollevare il morale dei gruppi terroristici armati dopo le sconfitte successive inflitte dall’Esercito arabo siriano e per colpire gli sforzi che mirano a trovare una soluzione politica alla crisi».

E, intanto,  il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson avverte che la Gran Bretagna potrebbe lanciare raid militari contro la Siria senza l’approvazione del Parlamento se gli Stati Uniti chiederanno di intervenire. Johnson rivela che lui e la premier Theresa May hanno concordato che, nell’eventualità di un nuovo attacco chimico da parte del regime, sarebbe difficile per il Regno Unito dire no ad una richiesta di Washington.

«Se gli Stati Uniti proponessero una qualche azione in risposta ad un attacco con armi chimiche – ha avvetito il titolare del Foreign Office, parlando con la Bbc – e se venissero da noi e chiedessero il nostro sostegno, che sia con missili Cruise sparati da sottomarini nel Mediterraneo o qualsiasi altra cosa, secondo me, e so che questa è anche la posizione del primo ministro, per noi sarebbe molto difficile dire di no».

Quindi, alla domanda se un eventuale raid britannico avrebbe bisogno del via libera della Camera dei Comuni, Johnson ha risposto: «Penso che questo debba essere verificato. Come questo debba essere esattamente attuato sta al governo ed al primo ministro deciderlo. Ma se gli americani fossero di nuovo costretti dalle azioni del regime di Assad…e ci chiedessero di aiutarli, sarebbe molto difficile dire No».

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