Strage di Bologna, dall’archiviazione al caso Cavallini. Ma dov’è la verità?

9 Mar 2017 14:52 - di Massimiliano Mazzanti

Secondo la Procura di Bologna, il “dossier” confezionato da Paolo Bolognesi per conto dell’Associazione vittime del 2 agosto circa i mandanti della strage e della strategia della tensione non merita di essere portato in giudizio e hanno chiesto l’archiviazione del procedimento. Dunque, la preoccupazione espressa nei giorni scorsi, quando è stata notificata la chiusura delle indagini a carico di Gilberto Cavallini – «speriamo che non li fermino, che li lascino indagare» – ha trovato risposta: nessuno dovrà fermare gli inquirenti di Bologna, perché sono proprio loro che non hanno alcuna intenzione di lavorare ulteriormente su ipotesi congetturali e prive di qualsiasi riscontro. Però, essendo questo il principale di tre fascicoli aperti su input dell’Associazione – un terzo, per “alto tradimento” a carico di ufficiali delle forze di sicurezza è stato inviato per competenza ai magistrati romani -, c’è da chiedersi come mai gli stessi pubblici ministeri, da una parte chiedano l’archiviazione del troncone principale, ma dall’altra facciano precedere questa decisione dalla notizia di aver notificato la “chiusura indagini” – di norma, preludio della richiesta di rinvio a giudizio – a carico dell’ex-Nar. 

Anche il fascicolo a carico di Cavallini, infatti, è fondato sulle congetture che Bolognesi e l’Associazione hanno formulato a carico di Licio Gelli e Carlo Maria Maggi: se non meritano il processo in quella direzione, è possibile andare avanti in quest’altra?

Quel che è certo, è che l’eventuale rinvio a giudizio di Cavallini o addirittura la condanna di quest’uomo già gravato da sentenze irrevocabili pesanti non servirebbe affatto a rafforzare la “verità giudiziaria” e a sciogliere i mille che quella “verità” si porta dietro da tre decenni; servirebbe giusto, ma solo ai “custodi” della colpevolezza di Fioravanti, Mambro e Ciavardini, per contrastare le innovative e sconvolgenti novità illustrate da un altro magistrato di altissimo livello, Rosario Priore, nell’autunno appena trascorso.

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