Ragazza cinese morta a Roma: niente carcere per i rom, l’ira del padre

2 Mar 2017 11:06 - di Giorgia Castelli

«Voi scippatori, sarete sempre perseguitati dall coscienza e dagli incubi». Zhang Gowen è tornato in Mongolia con le ceneri di Yao. Come si legge sul Messaggero, chiedeva solo giustizia, ma non è stato neanche avvisato del processo. Lunedì ha lasciato Roma, martedì la sentenza: i due rom che scipparono la figlia poi travolta da un treno a Tor Sapienza mentre li inseguiva hanno patteggiato la pena rispettivamente a due anni e a un anno e mezzo. Al Messaggero Zhang Gowen dice: «Avrei voluto sapere, avrei voluto essere presente, aspettare l’esito. Mi aspettavo una pena maggiore certo. E mi chiedo se sia regolare secondo il codice di procedura penale che la vittima, la parte lesa, compresi i legali dello studio Longari non ricevano nessuna comunicazione».  E ancora: «Mi aspettavo un trattamento equo, sono arrivate condanne leggere. In qualità di familiare della vittima ed essendo una persona normale che vive in questa società, credo che le persone che compiono atti criminali nei confronti dei romani o di chi viene a Roma, gettino cattiva luce sulla città… Mi sento tradito, preso in giro».

Il padre: stavo impazzendo per la morte di mia figlia

Un messaggio ai due condannati e alle loro famiglie? «È difficile rispondere – dice ancora al Messaggero il papà di Yao – a questa domanda. Ogni persona ha dei difetti, me compreso. Ma non far del male agli altri è una regola comunemente accettata. Gli studenti stranieri risiedono a Roma come voi rom. Quando avete scippato mia figlia, non avete pensato che anche voi avete delle sorelle, dei familiari? Mettevi nei miei panni, i vostri familiari cosa avrebbero provato? Zhang Yao è la mia unica figlia, a dire il vero ho pensato di impazzire».

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