Il “ragazzo del tombino” e quelli della peggio gioventù che fanno solo danni

17 Mar 2017 18:40 - di Redattore 54

Per essere notiziabile la vita di un giovane deve essere troncata in modo tragico. I ragazzi normali, quelli che si impegnano, che sognano, che riempiono la loro giornata di cose concrete, che vogliono studiare e lavorare, che non fanno i bulli con il prossimo, non sono mai protagonisti di un fatto degno di diventare “virale”. Eppure sono tanti. Sono la maggioranza. 

Ma per loro parla una minoranza di esagitati. Sono i contestatori. Quelli che lanciano sassi e uova alla polizia per impedire un comizio di Salvini a Napoli o quelle che danno vita allo smutandamento davanti al Pirellone a Milano. Sono gli urlatori di professione delle università. Quelli con il tono di voce sempre arrabbiato, tonico e aggressivo. Come la studentessa che non ha trovato di meglio, per criticare la ministra Valeria Fedeli all’università, di un ingenuo rimbrotto: “Siete in quest’aula per questo convegno ma non avete detto nulla agli studenti”. In pratica, dovevano chiedere prima il permesso dei collettivi. Sicuro: è una nobile piattaforma rivendicativa. Eppure il rumore di sottofondo di questo manipolo di indignati, la loro inefficace verbosità, la loro protesta incappucciata che si infrange contro la polizia, riesce a bucare le agende mediatiche.  

Poi ci sono, appunto, i normali. Che sono anche i migliori. E la cui vita non ha per i giornali alcun interesse a meno che, come Luca Adami, ventenne, non finiscano per uno scherzo infido della sorte la loro esistenza annegati per cercare le chiavi dentro un tombino. Un gesto imprudente, ma che nascondeva infinita cortesia: cercava le chiavi per non svegliare i genitori ad un’ora troppo tarda. E Luca non tirava sassi e non urlava contro i ministri, non cercava lo scontro con la polizia. Eppure era impegnato. Dimostrava quotidianamente che un ideale si può servire senza discorsi di odio. E, anche se le sue idee erano di sinistra, il miglior omaggio glielo hanno fatto gli avversari, i ragazzi della Lega Nord. E’ stato Massimo Gramellini, sul Corriere, a riportare il singolare elogio funebre a Luca:  «A differenza di quello che molti pensano, ci sono ancora tanti ragazzi che sognano, lottano e dedicano tempo alla passione politica. Luca era uno di loro». Firmato: i giovani della Lega Nord. 

Sono loro, i ragazzi normali, che ancora sognano, a qualunque fronte abbiano scelto di dedicarsi, a tenere viva l’idea che il tempo sprecato con la politica non è poi così sprecato. Che può sempre lasciare traccia. Che può rendere l’umanità meno risentita e più serena. Dovrebbero volgere lo sguardo verso questo impegno sconosciuto, e disinteressato, non solo i leader di partito ma anche i media. Non per scrivere le storie dei tanti Luca che ci sono in giro per l’Italia, no. Ma per dedicare meno spazio a quelli che al contrario di Luca non hanno garbo né cortesia verso il loro prossimo. Gli urlatori, gli spaccatutto, i perenni incazzati. Mai più prime pagine per loro, che forse non meritano neanche le righe di una “breve” di cronaca. 

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