Siena, un altro arresto per la rapina alla “Rambo” con kalashnikov e ruspe

2 Feb 2017 10:51 - di Redazione

Una rapina che sembrava un’azione di guerra, con tanto di armi pesanti e un kalashnikov imbracciato come Rambo nelle paludi del Vietnam. Ma eravamo a Siena, anzi, in un piccolo paesino, Colle di Val d’Elsa, dove i carabinieri hanno eseguito un secondo decreto di fermo emesso dalla Procura della Repubblica senese per l’assalto al caveau della Securpol di Pian dell’Olmino del 2 aprile scorso. È finito in manette un uomo della provincia di Foggia, che era tra i 18 componenti che assaltarono con pistole, kalashnikov e ruspe il deposito che quella notte custodiva 12 milioni di euro. Come per il precedente arresto, anche in questo caso sono state fondamentali le tracce genetiche lasciate dai rapinatori per incastrate il malvivente. I carabinieri non hanno mai interrotto le indagini su quella rapina messa a punto con una strategia paramilitare. Coordinati dal procuratore Salvatore Vitello e dal pubblico ministero Aldo Natalini, hanno proseguito nello sviluppo di tutti gli indizi lasciati dal commando di rapinatori prima, durante e dopo l’assalto. Ogni tipo di accertamento tecnico è stato eseguito e ora si raccolgono i frutti di un’attività intensa che si è sviluppata senza soluzioni di continuità negli ultimi dieci mesi.

Siena, la rapina del 2 aprile 2016
in stile militare

Nella notte del 2 aprile 2016 un manipolo di circa 18 malfattori, armati di pistole e kalashnikov, giunti a bordo di quattro autovetture rubate e al seguito di un
colossale escavatore proveniente dai campi limitrofi, avevano circondato il caveau della Securpol a Pian dell’Olmino nel comune di Colle di Val D’Elsa. Un secondo gruppo di malviventi aveva pochi minuti prima abbattuto degli alberi per bloccare le sei possibili strade di accesso a quell’area, in maniera da impedire l’arrivo dei carabinieri. Ripresi dalle telecamere di video sorveglianza dell’istituto assaltato, i rapinatori avevano osservato l’opera dell’escavatore che andava a sfondare il tetto dell’immobile, all’interno del quale si trovava la camera blindata dove erano custoditi in quel momento 12 milioni di euro. Per un errore di valutazione il caveau è stato però mancato sia pur di poco e la banda non ha potuto rispettati i tempi previsti per l’assalto. Nel frattempo un terrorizzato operatore della Securpol, dagli uffici circondati dai malviventi, aveva lanciato l’allarme ai centralini delle forze dell’ordine. Diverse auto dei carabinieri hanno circondato il luogo del crimine e avevano scoperto i blocchi stradali imposti dai criminali. Ad un certo punto i ‘pali’ della banda avevano lanciato l’allarme per l’arrivo dei militari e le telecamere di sorveglianza del caveau hanno immortalato i rapinatori agitarsi all’ascolto delle loro radio ricetrasmittenti. Sono allora scappati tutti in rapida successione, un istante dopo essere riusciti a sfondare il tetto del caveau, portando dietro soltanto poche centinaia di euro in monete, raccolte negli uffici esterni alla camera blindata. 

Una fuga convulsa nelle campagne
della Toscana

La fuga dei malfattori era apparsa concitata, avevano lasciato le loro auto su una strada sterrata a due km di distanza dal caveau ed erano montati su due furgoni. Tutti gli automezzi sono stati poi rinvenuti dai carabinieri. In rapida successione, i fuggitivi avevano ingaggiato due conflitti a fuoco con i militari dell’Arma di due diverse pattuglie intervenute, in due vicine località, sparando in entrambi i casi ad altezza d’uomo. Solo per un fortunato caso non si erano dovute contare delle vittime. Per questi motivi la Procura di Siena contesta oltre alla rapina a mano armata, al porto di armi da guerra, anche il tentato omicidio. Particolarmente attento e puntuale è stata la raccolta delle tracce lasciate dai rapinatori, non solo biologiche, sugli automezzi rinvenuti. Non avendo potuto rispettare i tempi programmati per la fuga, a causa del tempestivo arrivo delle gazzelle dell’Arma, i rapinatori avevano dovuto lasciare molte tracce che venivano accuratamente e pazientemente raccolte dai carabinieri del nucleo investigativo di Siena; le conseguenti analisi sono state affidate al Ris di Roma e tuttora proseguono. Nel frattempo le accurate e parallele indagini, svolte con metodiche tradizionali, hanno condotto gli investigatori su una pista pugliese, in particolare a Cerignola, sulla scia di casi analoghi verificatosi in alcune località del territorio nazionale. Si sospetta naturalmente la presenza di basisti in Toscana, la cui identità è in corso di accertamento. La prova del Dna ha consentito di identificare prima uno degli autori in C.M., un quarantenne di Cerignola con precedenti penali. Nei suoi confronti è stato emesso ed eseguito un primo decreto di fermo. Ora un secondo bandito è finito in carcere: C.F., trentanovenne di Andria (Foggia), nei cui confronti è stato emesso un decreto di fermo. Ma i carabinieri del nucleo investigativo di Siena, sotto la direzione del colonnello Giorgio Manca, comandante provinciale di Siena, dispongono oggi di molti elementi investigativi (tra cui codici genetici e impronte digitali) e confidano pertanto di individuare quanto prima altri banditi. 

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