Sequestro-lampo all’Avana: quando Fidel Castro rapì Manuel Fangio…

24 Feb 2017 17:20 - di Antonio Pannullo

Forse si deve anche a Juan Manuel Fangio e al suo clamoroso sequestro, il 23 febbraio 1958 a Cuba, se il mondo conobbe il movimento insurrezionale dei bardudos, che l’anno dopo prenderanno il potere con un golpe. Quello del sequestro del più grande pilota di Formula 1 di tutti i tempi è ormai una storia dimenticata, che però in quegli anni appassionò e preoccupò l’ambiente sportivo e anche politico internazionale. L’argentino Fangio, classe, 1911, a quei tempi era famoso quanto oggi lo può essere Messi o Nadal o Schumacher. Il 1958 era proprio l’anno in cui si ritirò dalle corse, dopo aver vinto tutto. Ma aveva deciso di partecipare al Gran Premio di Cuba, che si sarebbe dovuto correre il 24 febbraio. I ribelli di Castro da tempo pensavano a una azione incruenta e dimostrativa, per portare l’attenzione mondiale sulla situazione cubana e sul governo di Fulgencio Batista, da loro considerato un dittatore al soldo degli americani. Così decisero di rapire una delle persone più famose al mondo. Per la verità, l’azione era stata progettata per l’anno precedente, ma poi i barbudos non riuscirono a organizzarla per tempo e così fu annullata. Tra parentesi, quel Gran Premio l’aveva vinto proprio Fangio. Ma la sera del 23 febbraio erano pronti, e tutto si svolse alla perfezione. Fangio alloggiava al centralissimo Hotel Lincoln. I particolari della storia sono stati raccontati nel 2011 dal mensile Quattroruote, che è riuscito a intervistare uno dei protagonisti del sequestro, Manuel Munez, che dopo il golpe fu nominato ministro.

Fangio fu portato via minacciato con una pistola

Fangio era nei corridoi dell’albergo che chiacchierava con i suoi meccanici e col suo manager, quando un giovane alto e robusto, Manolo Uziel, gli si avvicinò e gli puntò una pistola alle costole: “Mi scusi tanto, ma sono del Movimento 26 luglio, lei deve venire con me, non mi obblighi a sparare”, disse. Fangio, disse il suo manager, mantenne un sangue freddo straordinario e seguì il giovane in una Plymouth nera che era fuori l’albergo. Fu costretto ad accucciarsi sui sedili posteriori. L’auto superò anche un posto di blocco e si inerpicò su per le montagne. I rapitori cambiarono due volte macchina. Fangio li prese in giro per la guida e gli disse che ancora non aveva cenato. I rapitori non gli misero mai una benda, e lo portarono nella casa più bella di cui disponevano. Una donna gli cucinò uova e patate, scusandosi per la modestia della cena. Il sequestro durò in tutto 27 ore, trascorse da Fangio a cambiare casa due volte e a chiacchierare amabilmente con i barbudos, che gli chiesero anche numerosi autografi. La notizia ovviamente rimbalzò in tutto il mondo. Il Gran Premio ebbe luogo, e fu funestato a un gravissimo incidente che causò sette morti e decine di feriti. Fangio ringraziò i rapitori per avergli impedito di correre quel giorno, dicendo loro che forse gli avevano salvato la vita. Al momento del rilascio, c’era la paura che la polizia di Batista avrebbe potuto uccidere il pilota per poi addossare la colpa ai castristi, ma Fangio ebbe un’idea: si fece rilasciare proprio davanti all’ambasciata dell’Argentina, il suo Paese, dove lavorava, ironia della sorte, il cugino di Che Guevara, argentino anch’egli. Alle porte dell’ambasciata, disse ai militari argentini di guardia: “Questi sono i miei gentili amici sequestratori”. Prima di rilasciarlo, i castristi gli chiesero nuovamente scusa per il disturbo. Se crebbe la popolarità dei barbudos, crebbe ancora di più quella di Fangio, che in seguito rilasciò centinaia di interviste sulla sua avventura. Negli anni seguenti Fangio rimase in contatto con due dei suoi carcerieri, Faustino Pérez, che era il capo dell’operazione e che poi divenne ministro dell’Industria, e Arnold Rodriguez, che scrisse un libro sulla vicenda, Operazione Fangio. A Pérez Fangio aveva chiesto,durante le ore del sequestro, di avvisare la sua famiglia, cosa che Pérez fece subito e personalmente. Il campione ritornò a Cuba solo nel 1981, da presidente della Mercedes, per conto della quale vendette dei mezzi al governo. In quell’occasione rivide tutti gli uomini che lo avevano sequestrato e fu ricevuto dallo stesso Fidel Castro, che gli chiese scusa per il rapimento. Quando Fangio compì 80 anni, ricevette un telegramma dall’Avana firmato “i tuoi amici rapitori”.

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