Rampelli: «La rigenerazione urbana deve partire dalle periferie»

21 Feb 2017 17:07 - di Redazione

La rigenerazione urbana sia il punto di partenza per la riqualificazione delle periferie. La chiamata in causa è arrivata dal capogruppo di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale Fabio Rampelli, che durante l’audizione dell’Ance in commissione Periferie ha invitato l’associazione dei costruttori farsi parte responsabile nell’edificazione di periferie a misura d’uomo. “Le periferie costruite negli ultimi 50 anni – ha detto Rampelli – sono anni luce distanti dalla sensibilità dei cittadini. Finché abbiamo avuto la fuga dalle campagne, poteva essere giustificato costruire in maniera così massiccia, ma oggi assistiamo al ventesimo anno di denatalità, con decine di migliaia di case invendute e siamo di fronte al processo inverso: gli italiani abbandonano le città per tornare nell’hinterland. Se prima si realizzavano quartieri come Tor Bellamonaca, Corviale, Spinaceto, Scampia, lo Zen di Palermo, oggi non ci sono più alibi per questi obbrobri”.

“Si devono realizzare prodotti architettonici – ha aggiunto Rampelli  – che rispecchino la persona, la famiglia, i suoi bisogni. Basta chiedersi perché tutti vanno a prendersi un gelato al Pantheon, e nessuno va a prendersi un gelato a Corviale. I quartieri nuovi che devono essere costruiti devono rispecchiare quelli che orbitano intorno ai centri storici”. “Si parla di standard urbanistici: sono una parte del problema- ha osservato il capogruppo- A quale standard corrisponde una fontana, un portico, una piazza o una statua? Non ci sono standard per questo genere di manufatti, anche se una volta c’era una legge che imponeva quota parte degli investimenti per realizzare questo genere di oggetti architettonici”. “Quando si realizzano nuove aree residenziali, bisogna costruire secondo un principio nel quale il cittadino si riconosca, e quel principio è identità”. 

“Anche sul discorso del consumo del suolo – ha concluso Rampelli – si va avanti per ideologie: se il suolo fa schifo lo si deve consumare per riqualificarlo e al contrario deve essere intoccabile e quindi salvaguardato anche dal urbanistica contrattata se è di pregio. E la riqualificazione deve avvenire per abbattimento e ricostruzione, principio al quale finalmente anche la sinistra si sta convertendo, dopo decenni di ostracismo culturale e per un malinteso accostamento al ventennio. Oggi la parola che coniugammo da destra vent’anni fa e che si è imposta nel linguaggio comune è ‘sostituzione edilizia’. Una volta tanto la guerra delle parole l’abbiamo vinta noi”.

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