Muhammad Ali Jr fermato all’aeroporto: primo sponsor contro il muslim ban?

25 Feb 2017 14:21 - di Lorenza Mariani

Alla ennesima campagna anti-Trump e contro la sua politica di gestione dei flussi migratori, palesata con il muslim ban – contro cui si è espressa anche la Corte d’Appello federale che il 10 febbraio scorso ha respinto all’unanimità la richiesta del governo di reintrodurre il decreto anti-immigrazione selvaggia sancito nei confronti di 7 Paesi islamici – mancava solo uno sponsor di rilievo: e oggi, con il diffondersi della notizia dello stop imposto il 7 febbraio scorso a Muhammad Ali Jr, figlio della leggenda della boxe Muhammad Ali, è arrivato anche quello.

Muhammad Ali Jr fermato in aeroporto in Florida

Così, con sommo guadio del detrattori dell’inquilino della Casa Bianca, la vittima illustre – pronta a sacrificarsi sull’altare della causa anti-Trump – si è fatta avanti. Ha raccontato quanto accaduto agli inzii di febbraio e denunciato – al suo avvocato – spirito e attuazione dell’osteggiato bando presidenziale. E con solerzia lo zelante legale, Chris Mancini, ha provveduto a divulgare l’episodio a mezzo stampa grazie al Courier-Journal di Louiseville, le cui pagine hanno denunciato fatto e modalità del fatto, con tanto di lagnanze scatenate dal trattamento riservato al 44enne che si trovava in compagnia di sua madre, la seconda moglie del campione, Khalilah Camacho-Ali.

Ispezioni e controlli all’arrivo da un volo internazionale

Secondo l’avvocato, una volta atterrato con un volo proveniente dalla Giamaica al Fort Lauderdale-Hollywood International Airport, in Florida, Ali Jr sarebbe stato fermato e interrogato per oltre due ore dalla polizia di frontiera e dallo staff dell’ufficio immigrazione, con domande insistenti sulla sua fede religiosa. «Sei musulmano? Da dove viene il tuo nome?»: queste le domande rivolte ad Ali Jr che ha confermato la fede islamica e presentato il passaporto che certificava la cittadinanza americana. Interpellato per un chiarimento, l’US Customs and Border Protection ha specificato di «non poter parlare dei singoli passeggeri», confermando poi il fatto che «ogni viaggiatore proveniente da un volo internazionale che arriva negli Usa è soggetto all’ispezione dell’ufficio».

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