La legge elettorale in aula il 27 febbraio. Renzi ha fretta (e non solo lui)

5 Feb 2017 19:20 - di Redazione

C’è chi frena perché non ha alcuna voglia di voto anticipato e chi accelera per uscire dalla stagnazione del governo Gentiloni. Così i riflettori politici sono puntati sulla calendarizzazione della legge elettorale “rivisitata e corretta” dalla Consulta. La legge elettorale approderà nell’Aula della Camera il 27 febbraio, ammesso che la commissione Affari costituzionali (dove arriverà il 7 febbraio) sia riuscita a concluderne l’esame. Se così fosse il regolamento della Camera potrebbe consentire il contingentamento dei tempi dall’1 marzo, con una rapida approvazione. Si spiega così il pressing di Matteo Renzi per raggiungere un patto blindato sull’ex Italicum da portare in aula il 27 febbraio. In caso contrario, nel progetto dell’ex premier rimane il voto a giugno senza modificare di una virgola la legge uscita dalla Consulta.

La legge elettorale a Montecitorio il 27 febbraio

La decisione presa dalla Conferenza dei capigruppo sul possibile approdo in Aula il 27 febbraio ha avuto l’appoggio del Pd, Cinquestelle, Lega,  Fratelli d’Italia e il partito trasversale del voto. Mentre Forza Italia, Ap e Sinistra italiana si sono opposti. L’accelerazione consentirà al Pd di portare avanti la propria strategia: verificare rapidamente se c’è la possibilità di un accordo blindato sulla legge elettorale, e in caso contrario di lasciar cadere il confronto per andare alle urne entro giugno con i due sistemi per Camera e Senato usciti dalle due sentenze della Corte Costituzinale. I grillini, con Federica Dieni, hanno chiesto alla commissione Affari costituzionali di incardinare la legge elettorale e di non di aprire la discussione per votare a scatola chiusa la loro proposta, che mira a portare anche al Senato il sistema della Camera. Il tutto richiederebbe “solo tre giorni di lavoro”. Insomma, un modo per farsi dire di no, anche se l’idea di applicare anche al Senato l’Italicum, con alcuni ritocchi, è sostenuta da una parte del Pd che punta a introdurre il premio di maggioranza alla coalizione e non alla lista.

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