Gare al ribasso e materiale scadente: così la ‘Ndrangheta faceva il pieno di appalti

13 Feb 2017 11:18 - di Redazione

Almeno 27 gare “pilotate” nel periodo 2012/2015 per un valore complessivo superiore a 90.000.000. Un tesoretto finito nel mirino della Dda calabrese, che ha fatto scattare una vera e propria retata, il  19 gennaio scorso: 27 provvedimenti di fermo di indiziato di delitto, oltre 150 perquisizioni di persone fisiche e giuridiche nonché 44 sequestri preventivi d’azienda per un valore complessivo pari a 224 milioni di euro. Nel mirino dell’indagine, che ha portato all’operazione ‘‘Cumbertazione’‘, un gruppo imprenditoriale che, “sfruttando l’appartenenza alla cosca Piromalli – sottolinea la procura in una nota – ha costituito e consolidato negli anni una posizione di assoluto predominio nel settore degli appalti pubblici in Calabria, riuscendo sistematicamente a turbare almeno 27 gare indette da plurime stazioni appaltanti nel periodo 2012/2015 per un valore complessivo superiore a 90.000.000”.

Un cartello di imprese
per pilotare gli appalti

«L’illecito modus operandi, posto in essere grazie anche ai rapporti corruttivi con funzionari appartenenti alle medesime stazioni appaltanti nonché all’operato di diversi professionisti collusi – osserva la procura – ha consentito di sviare il regolare svolgimento delle gare pubbliche mediante la costituzione di un cartello composto da oltre 60 società che, attraverso la presentazione di offerte precedentemente concordate, è stato in grado di determinare l’aggiudicazione degli appalti a una delle imprese della cordata». Inoltre nel corso delle indagini sono state individuate “una serie di ditte compiacenti con sede in Calabria, Lazio, Sicilia, Campania e Toscana a cui venivano fatte presentare le offerte secondo importi che avrebbero automaticamente garantito l’aggiudicazione ad una di esse”. In alcuni casi queste imprese, scelte in ragione dei propri requisiti tecnici ed economici, secondo la procura, “si sono prestate a partecipare fittiziamente alle gare, singolarmente o in Ati o Rti, per conto dell’organizzazione (ricevendo in cambio una percentuale che variava dal 2,5% al 5% sull’importo posto a base d’asta, al netto del ribasso)”. In altri casi “hanno presentato offerte fittizie, ricevendo in cambio, ad esempio, la garanzia che l’organizzazione, a sua volta, avrebbe presentato offerte fittizie per appalti di loro interesse così aiutandole ad aggiudicarsi le relative gare”, continua la procura. Infine, secondo quanto emerso dalle indagini sulla fase più propriamente esecutiva delle opere, “in alcune gare, sono state apportate varianti non autorizzate al progetto ed è stato riscontrato l’utilizzo di materiale scadente o di qualità diversa rispetto a quella prevista nel capitolato di appalto”.

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