Famiglie e aziende non spendono più: crescono il gruzzolo in banca e la paura

23 Feb 2017 14:34 - di Gabriele Alberti

Famiglie e aziende ancora in grossi guai. La politica economica del governo Renzi ci ha inguaiato e la crescita sarà rallentata ancora per molto. Per queso prevale la paura quando si mette mano al portafogli, che sia un padre di famiglia o un imprenditore. Nel 2016 infatti le aziende non hanno investito e le famiglie non hanno speso, preferendo accumulare: in banca aumentano le riserve, cresciute in un anno di oltre 68 miliardi di euro e nei soli conti correnti sono stati accumulati 95 miliardi in più rispetto all’anno precedente. In crescita di 40 miliardi i salvadanai delle famiglie, su di quasi 14 miliardi i fondi delle imprese. Questi i dati principali che emergono dalle ricerca del Centro studi di Unimpresa, che ha analizzato l’andamento delle riserve delle famiglie e delle imprese italiane.

Aumentano le riserve bancarie

Da dicembre 2015 a dicembre 2016 il totale dei depositi di cittadini, aziende, assicurazioni e banche è aumentato di oltre il 4% passando da 1.581 miliardi a 1.650 miliardi. Le famiglie non spendono e hanno lasciato in banca 40 miliardi in un anno (+4%), le imprese non investono e i loro fondi sono cresciuti di quasi 14 miliardi (+6%). Nonostante la crisi del sistema bancario, gli istituti di credito per ora sembrano confermarsi come il miglior salvadanaio possibile. Le banche, che prestano sempre meno, hanno accumulato liquidità aggiuntiva per 10 miliardi (+2%), che dunque resta alta (355 miliardi totali) e risulta allocata in forme di impiego diverse dal credito. Le riserve delle assicurazioni sono calate di 2,5 miliardi (-11,89%). In aumento i fondi delle imprese familiari di 5 miliardi (+10%) e quelli
delle onlus di quasi 1 miliardo (+3%).

Crescono i conti correnti

Si registra anche il boom dei conti correnti, cresciuti di oltre 82 miliardi di euro negli ultimi dodici mesi, passando da 831 miliardi a 913 miliardi. “A frenare consumi, investimenti e credito sono rispettivamente la paura di nuove tasse, l’assenza di certezze sul futuro, i parametri sui bilanci rigidi” commenta il vicepresidente di Unimpresa, Maria Concetta Cammarata secondo la quale “i nostri dati sono in linea con quelli diffusi oggi dall’Istat relativi al commercio al dettaglio, in calo lo scorso anno”.

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