Salvini e Meloni: appello a Berlusconi per l’unità del centrodestra

17 Gen 2017 7:58 - di Redazione

Per Matteo Salvini è chiaro che «il centrodestra è finito», «la coalizione non c’è più». Parlando con Giorgia Meloni, anzi, i due leader hanno convenuto di non chiamare nemeno più così il rassemblement dei due partiti, ma si sono impegnati a trovargli una nuova definizione, qualcosa che c’entri con la rivendicazione della «sovranità» nazionale. Ma se i leghista è durissimo con Silvio Berlusconi, sospetta che sia già in corso «un nuovo Patto del Nazareno», la presidente di Fratelli d’Italia vede qualche spiraglio. Cerca di crearlo, almeno, si legge su “Libero“.

Per Salvini «il centrodestra è finito»

«Il 28 porteremo in piazza, a Roma, l’Italia sovrana, libera e alternativa a Matteo Renzi, insieme a tutti quelli che vogliono costruirla e difenderla insieme a noi», ha spiegato ieri, an nunciando l’iniziativa. «Forza Italia di scegliere da che parte stare: se nella palude degli inciuci con Renzi o in piazza a difendere i bisogni del popolo», è l’appello seguito. L’invito agli azzurri perché aderiscano all’iniziativa non è una formalità, dal momento che al corteo che sfilerà da piazza della Repubblica fino alla piazza più prossima a Palazzo Chigi, hanno già fatto sapere di voler partecipare non soltanto i leghisti e gli esponenti della destra, ma anche azzurri come Giovanni Toti e Daniela Santanchè, che stavolta potrebbero portarsi dietro qualcun altro, oltre che Raffaele Fitto, leader di CoR.

Appuntamento il 28 Gennaio

La data scelta da Meloni, che consulta spesso Salvini, che, a sua volta, ha una frequente consuetudine col consigliere politico del Cavaliere e governatore della Liguria, non è casuale, lascia spazio a molte sorprese. Il giorno della manifestazione, infatti, già dovrebbe essere arrivata la sentenza della Corte costituzionale che dovrebbe contenere la base della nuova legge elettorale. Quel giorno si sarà se la direzione è quella verso un proporzionale puro – che suggerisce corse solitàrie dei partiti – o un semimaggioritario che, al contrario, premia le coalizioni. Nel primo caso è difficile che il Cavaliere possa prendere in considerazione l’ipotesi di farsi vedere, nel secondo, chissà. «Col proporzionale le larghe intese tra il Pd e Fi sono un’ipotesi in campo», rileva l’ex ministro della Gioventù. Dal dossier sulla legge elettorale dipende anche un’altra variabile: la data del voto. Renzi vuole assolutamente votare a giugno, ma, fino ad oggi, si è scontrato con la resistenza del suo predecessore. Berlusconi, infatti, era convinto di far durare la legislatura almeno fino all’autunno, quando potrebbe arrivare la sentenza di Strasburgo. Dopo qualche contatto tra Gianni Letta e i renziani, però, la posizione si è ammorbidita. A convincere il presidente di Fi anche i sondaggi che dimostrano che il governo di Paolo Gentiloni non sta portando bene a chi lo sostiene direttamente o indirettamente e porta acqua (cioè voti) al mulino di Beppe Grillo. In cambio di una legge proporzionale che abbia come effetto possibile una grossa coalizione, il leader di Fi sarebbe dunque disposto ad anticipare le elezioni in primavera. 

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