Papa Bergoglio: non saranno le burocrazie e l’alta finanza a salvarci

8 Gen 2017 11:23 - di Paolo Lami

Quel viaggio a Lampedusa. “Il primissimo viaggio, un viaggio italiano”. Papa Francesco racconta la sua prima missione. Un momento fondamentale del suo Pontificato. Quel giorno prese una decisione che ha poi segnato tutto il suo Papato fino ad oggi. Quel viaggio “non era programmato, non c’erano inviti ufficiali – ricorda Bergoglio – Ho sentito che dovevo andare, mi avevano toccato e commosso le notizie sui migranti morti in mare, inabissati. Bambini, donne, giovani uomini… Una tragedia straziante”.

Fu lì, in quell’occasione, che Papa Francesco capì e prese la decisione che avrebbe dovuto viaggiare.
Francesco Bergoglio, in un’intervista che apre il libro “In viaggio” del giornalista de “La Stampa” Andrea Tornielli, ricorda che, dopo l’isola siciliana, arrivarono Rio de Janeiro “per la Giornata Mondiale della Gioventù” e poi altri viaggi ancora. “E ora sento che devo fare i viaggi, andare a visitare le Chiese, incoraggiare i semi di speranza che ci sono”, dice il Pontefice.

Bergoglio ammette che viaggiare “è faticoso”. Ma al suo ritorno, dice, porta sempre con sé “volti, testimonianze, immagini, esperienze… Una ricchezza inimmaginabile, che mi fa sempre dire: ne è valsa la pena”.
E, davanti all’entusiasmo della gente che lo accoglie nei viaggi, cita una frase pronunciata da Albino Luciani quando era cardinale: “Ma voi potete immaginare che l’asinello su cui sedeva Gesù nel momento dell’ingresso trionfale a Gerusalemme potesse pensare che quegli applausi fossero per lui?”.
“Ecco – osserva Francesco – il Papa deve aver coscienza del fatto che lui “porta” Gesù, testimonia Gesù e la sua vicinanza, prossimità e tenerezza a tutte le creature, in modo speciale quelle che soffrono. Per questo qualche volta a chi grida “viva il Papa” ho chiesto invece di gridare “Viva Gesù!”.

Bergoglio spiega anche perché fra i viaggi del Papa, quasi nessuno è stato nei Paesi dell’Ue. Tranne in Grecia, “con il viaggio di appena cinque ore a Lesbos per incontrare e confortare i profughi, insieme con il miei fratelli Bartolomeo di Costantinopoli e Hyeronimos di Atene“.

Francesco sottolinea però di avere visitato altri Paesi che sono europei pur non facendo parte della Ue, come Albania e Bosnia Erzegovina. E spiega perché. “Ho preferito privilegiare quei Paesi nei quali posso dare un piccolo aiuto, incoraggiare chi nonostante le difficoltà e i conflitti lavora per la pace e per l’unità. Paesi che sono, o che sono stati, in gravi difficoltà. Questo non significa non avere attenzione per l’Europa – spiega il Papa – che incoraggio come posso a riscoprire e a mettere in pratica le sue radici più autentiche, i suoi valori. Sono convinto che non saranno le burocrazie o gli strumenti dell’alta finanza a salvarci dalla crisi attuale e a risolvere il problema dell’immigrazione, che per i Paesi dell’Europa è la maggiore emergenza dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale“.

Quanto alla sicurezza durante i viaggi, Francesco chiarisce: “Comprendo benissimo le esigenze di sicurezza e sono grato a quanti, con dedizione e molta, davvero molta fatica durante i viaggi mi sono vicini e vigilano. Però un vescovo è un pastore, un padre, non ci possono essere troppe barriere tra lui e la gente. Per questo motivo ho detto fin dall’inizio che avrei viaggiato soltanto se mi fosse stato sempre possibile il contatto con le persone”.
Afferma di essere sempre “preoccupato per l’incolumità di chi viaggia con me e soprattutto della gente che incontro nei vari Paesi”. “C’è sempre il pericolo di un gesto inconsulto da parte di qualche pazzo. Ma c’è sempre il Signore”, conclude il Papa.

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