Mosca protesta: sarà ancora la Polonia la causa di una nuova guerra?

12 Gen 2017 17:43 - di Guglielmo Gatti

Come nel 1939, la Polonia sembra essere il casus belli per una nuova guerra, sia pure solo fredda, tra Russia e Usa. Il dispiegamento di mezzi corazzati americani in Polonia è considerato infatti dalla Russia come una minaccia ai suoi interessi e alla sua sicurezza, ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, citato dall’agenzia di stampa Interfax. Oggi per l’appunto inizia il dispiegamento in Polonia di oltre tremila militari americani, carri armati e altri mezzi corazzati, nel quadro del programma di rafforzamento delle difese della Nato ai confini con la Russia. Oltre 80 carri armati e centinaia di altri mezzi corazzati sono già arrivati in Germania, per essere spostati nei Paesi dell’est Europa. La brigata corazzata americana svolgerà anche esercitazioni militari nei Baltici.

Il Cremlino: no alle truppe Usa in Polonia

“Qualsiasi Paese considererebbe il rafforzamento della presenza militare straniera vicino ai suoi confini in modo negativo. Ed è esattamente come la vediamo noi: consideriamo il dispiegamento delle forze americane come una minaccia nei nostri confronti e come una azione che ha un impatto negativo sui nostri interessi e sulla nostra sicurezza”, ha dichiarato Peskov, sottolineando che il “Paese terzo” che sta rafforzando la sua presenza militare ai confini “non è neanche un Paese europeo”. “Che il rafforzamento consista in un migliaio di unità o in decine di migliaia conta poco: si tratta comunque di un rafforzamento della presenza militare”, ha concluso. Ma c’è chi pensa che il presidente russo Vladimir Putin “sta cercando di spaccare l’Alleanza atlantica” e “bisogna riconoscere la realtà” di questo suo tentativo, ha riconosciuto il generale in pensione James Mattis, nell’audizione al Senato per la sua conferma a segretario della Difesa nell’Amministrazione di Donald Trump. La Russia è ancora  “un competitore strategico” degli Stati Uniti, oltre che “un paese avversario in settori cruciali”, ha aggiunto. “Sono decisamente in favore di un engagement (impegno a negoziare e discutere, ndr) ma dobbiamo anche riconoscere la realtà”, ha aggiunto.

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