Fini: «Salvatore non antepose mai il suo interesse all’idea in cui credeva»

28 Gen 2017 13:58 - di Antonella Ambrosioni

Ha appreso con sgomento della scomparsa di Salvatore Tatarella Gianfranco Fini. «Un amico di lunga data e non solo un autorevole esponente politico», ricorda l’ex presidente della Camera. «Un amico rivelatosi tale sempre, uno che ha non ha mai anteposto il suo interessse personale alla validità del progetto in cui credeva. Mi è stato vicino nel momento di tante lacerazioni avvenute nel nostro mondo».

«L’esperienza politica di cui andava più orgoglioso è stata la sua sindacatura a Cerignola, nella sua Puglia, un’esperienza che gli consentì di coniugare i valori a cui era più legato: il rapporto con la sua terra, il valore delle identità e della famiglia». «Sarebbe fargli torto ricordarlo come il “fratello di Pinuccio Tatarella” – tiene a precisare Gianfranco Fini-  lui era Salvatore, personalità e carattere diverso dal fratello: questi più estroverso, Salvatore più riflessivo. Li univa una certa idea della politica sempre tesa a tradurre in realtà i principi di riferimento». 

Fini ne ricorda l’attività di parlamentare europeo. «Era animato da un europeismo convinto, ma detestava l’Eurocrazia di un’ Europa di tecnocrati, ma miope in termini di valori, di difesa delle identità e dei propri confini: ebbe una solida cultura di governo nella quale la difesa delle radici si coniugava con il futuro. Il processo di integrazione europea in cui credeva non doveva per lui essere disgiunto dal rispetto delle identità».

Fini rimpiange la perdita di Salvatore Tatarella per il contributo che ancora poteva dare alla costruzione di una nuova stagione politica per la destra. «Perché era un uomo dotato di grande sostanza culturale e programmatica, molto curioso delle novità e proiettato verso il futuro. La parola nostalgia non era nel suo vocabolario – in questo del tutto simile a Pinuccio – come si evince dallo stile con cui in questi anni ha ricordato la lezione politica di suo fratello in una serie di iniziative, appunto, mai “nostalgiche” ma  sempre ancorate nell’attualità del dibattito politico di questi anni. Per questo lo rimpiango».

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