Donald è arrivato. Un incontro “politicamente scorretto” a Milano

19 Gen 2017 15:28 - di Marco Valle

Il tempo di Donald Trump è arrivato. Da venerdì 20 gennaio il “matto” della chioma aranciata sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Una catastrofe per il clan Clinton-Obama, per Georges Soros e Goldman Sachs, per i miliardari dello show business, per i liberal statunitensi tutti. Volti terrei, voci spezzate. Il lutto è d’obbligo. Calde lacrime scorrono anche a Berlino sulle paffute guance di Angela Merkel mentre a Bruxelles Juncker ha deciso d’affondare nel solito bicchiere le sue pene. Cin cin. A Parigi Hollande, ormai fuori gioco, se ne frega e si gode lo spettacolo mentre a Roma l’imbarazzato Gentiloni affida all’inutile Alfano le sorti della nostra misera politica estera. A consolare il conte-premier sono rimasti soltanto Beppe Severgnini, autore di un esilarante editoriale sul Corrierone — “Sentinelle tra memoria e libertà” parapunzipunzipà… — , e la decomposta Botteri.

“Donald il terribile” è arrivato. Per la gioia di milioni di elettori americani impoveriti dalle miopi politiche delle élites liberal e offesi dai santoni del “politicamente corretto”: i “miserabili”, quel popolo tanto odiato e disprezzato da Hillary Clinton, la menzognera rottamata.

Con lucidità Giulio Tremonti ha paragonato il 9 novembre 2016 al 9 novembre 1989. Due svolte epocali. Ieri le macerie del muro di Berlino seppellivano il comunismo, oggi le schede elettorali archiviano i gruppi dominanti, corrotti e avidi, che della globalizzazione hanno fatto una bandiera e un investimento. Bene. Anche perchè, come ricorda nel nuovo numero di Diorama Letterario Alain de Benoist, : «Non è il personaggio Trump ad essere importante, è il fenomeno Trump. Un fenomeno, che come la Brexit, ma con una forza ancora superiore, illustra in maniera spettacolare l’irresistibile avanzata del populismo nel mondo».

Un’onda lunga su cui scivolano con temeraria abilità Marine Le Pen, l’FPO in Austria, ma anche Orbàn in Ungheria, Kaczynski a Varsavia. Come negli USA, i movimenti populisti riempiono lo spazio aperto dal fallimento pieno delle sinistre socialdemocratiche o liberali. Lo ha capito bene il filosofo sloveno Slavoj Zizek — un neomarxista anticonformista e intelligente  — che ragiona su come le forze anticonformiste siano riuscite a “sfondare” nei ceti non garantiti. Ovunque. In Polonia: «Il governo ha abbassato l’età pensionabile, avviato enormi trasferimenti sociali, ad esempio alle madri, reso più accessibili istruzione e cure mediche. Per i lavoratori ha fatto più di ogni governo di sinistra…. E Marine Le Pen promette che in Francia farà lo stesso. Trump promette negli Usa quel che nessuno, a sinistra, si sognerebbe di proporre: mille miliardi di dollari di grandi lavori pubblici per aumentare l’impiego, e così via. Non è questo l’estremo paradosso, che emerga gradualmente questa nuova polarità? La sinistra liberale ufficiale è la migliore esecutrice delle politiche di austerità, anche se conserva il suo carattere progressista nelle nuove lotte sociali antirazziste e antisessiste; dall’altra parte, la destra conservatrice, religiosa e anti-immigrazione è l’unica forza politica a proporre ingenti trasferimenti sociali e a sostenere seriamente i lavoratori. Si tratta di una situazione incredibile».

Donald è arrivato. La storia torna a scorrere veloce, infrangendo schemi desueti e logiche perverse, aprendo scenari innovativi e fascinosi. Forse anche in Italia… Ne discutiamo a Milano giovedì sera (ore 21, in corso Garibaldi 27), con Carlo Fidanza, Luigi Amicone, Marco Cobianchi, Gian Micalessin e altri amici. Una serata politicamente scorretta che Destra.it,  l’associazione Piazza del Popolo e FdI dedicano al “Ciclone Trump”. Vi aspettiamo.

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