10 chef stellati per i 10 anni di Eataly. Peccato per l’effetto-supermercato…

31 Gen 2017 13:17 - di Nero Di Seppia

Oscar Farinetti è un genio e questo gli è stato riconosciuto sia dal mercato sia dalla critica. Essendo tale ha tirato fuori un’idea geniale per celebrare i 10 anni di Eataly, la sua creatura glamour in ogni angolo del pianeta. Nella sede romana l’anniversario è stato festeggiato con dieci chef stellati che hanno elaborato un piatto ciascuno. Gli appassionati ed i gourmet hanno così potuto fare un “percorso tra le stelle” assaggiando qua e là i piatti preferiti o seguendo una lunga degustazione che con 80 euro dava diritto a mezza porzione di ogni creazione.

Tutto splendido, quindi, se l’iniziativa non fosse stata azzoppata dall’incapacità del personale di Eataly di gestire un evento di elevato livello. Se da una parte la forza attrattiva di Eataly è stata in grado di convincere gli stellati a cucinare in corner più simili a stand fieristici che a ristoranti, dall’altra l’indole e la deriva da supermercato (seppur di qualità) ha rovinato l’idea. I gourmet presenti erano attoniti dinanzi ad un servizio gestito come la cassa di un supermercato, con lunghe attese per dissetare i figli con una bottiglia d’acqua e i genitori con un calice di vino.

Rivisto e corretto, pertanto, sarebbe un evento da ripetere ad ogni compleanno della creatura di Farinetti, anche perché gli stellati in campo erano oggettivamente di gran livello. Al piano terra dell’ex stazione ferroviaria di Roma Ostiense erano acquartierati i fratelli Sandro e Maurizio Serva de “La Trota” di Rivodutri (2 stelle Michelin) e il veterano Antonello Colonna dell’omonimo ristorante (1 stella Michelin). Quest’ultimo, da vecchia volpe della ristorazione, ha presentato un piatto “ruffiano”, capace di incontrare favori trasversali, un “Negativo di carbonara” fatto con ravioli a forma di stella contenenti un composto all’uovo, conditi esternamente con listarelle di guanciale croccante (non abbastanza), crème fraîche e pecorino. I fratelli Serva hanno ribadito il loro amore per il pesce di acqua dolce, con un piatto complesso e straordinariamente buono: “carpa in crosta di semi di papavero, con maionese di patate, rape rosse e crescione di sorgente”. Un applauso meritava la maionese di patate, rape e crescione, equilibrata e perfetta a chiudere il piatto.

Al primo piano i gourmet hanno trovato quattro chef premiati con una stella a testa. Marco Martini del “The corner” di Roma ha presentato i suoi “tortelli di mortadella, pizza bianca e pistacchi”. L’idea è quella di riproporre in bocca il tradizionale sapore romano di “pizza e mortazza”, anche se l’effetto non appariva perfettamente riuscito. I tortelli alla mortadella erano buoni, ma il liquido al sapore di pizza romana che accompagnava il piatto era un po’ estremo e poco convincente.

Accanto a Martini il collega di origini colombiane Roy Caceras, chef e patron del ristorante “Metamorfosi” dei Parioli. Caceras ha osato molto, com’è sua abitudine, scodellando un “udon di seppia in brodo”, in pratica dei noodles fatti con listarelle di seppia in un brodo che rasentava l’eccellenza. Lo chef colombiano sicuramente si è spinto molto rispetto all’ampio pubblico presente all’evento, con un piatto tanto estremo quanto equilibrato e buono.

A seguire Daniele Usai del ristorante “Il Tino” di Fiumicino, presente con “agnolotti alla ‘nduia di tonno con patate affumicate”, piatto difficile per un pubblico da manifestazione gastronomica e troppo piccante per essere apprezzato da tutti.

Ultimo del primo piano Luigi Nastri della “Stazione di posta”, che ha creato quello che forse è risultato essere il miglior piatto della manifestazione: “spaghetti aglio nero, anemoni e mandorle”. Nastri è riuscito a dare un equilibrio perfetto a due ingredienti difficili quali l’aglio nero e gli anemoni di mare (via di mezzo tra un’alga e un frutto di mare), conquistando i favori del pubblico più dei suoi colleghi.

A chiudere, al secondo piano, Massimiliano Mascia del glorioso “San Domenico” di Imola (2 stelle Michelin) e tre colleghi con una stella, Marco Bottega del ristorante “Aminta” di Genazzano, Giulio Terrinoni del romano “Per Me” e Massimo Viglietti dell’enoteca Achilli vicino al Parlamento.

Mascia ha presentato le sue “code di mazzancolle in crosta di corn flakes, spinaci al sesamo, mousseline all’aceto balsamico e agrodolce al coriandolo”, un piatto un po’ vecchio stile e vecchio sapore rispetto alle nuove tendenze della ristorazione e ai nuovi palati gourmet.

Di grande impatto, invece, i “tortelli di coda di bue con coulis di carote e polvere di sedano” proposti dal giovane Bottega, uno chef di cui sentiremo parlare a lungo. Legato alla tradizione del territorio lavora soltanto con gli ingredienti dell’azienda di famiglia unendo la semplicità del prodotto con la sua bravura. Con una sfoglia di pasta, una coda di bue, sedano e carota ha creato un piatto equilibrato e buono, apprezzato a 360 gradi nel corso della “serata stellare”.

Giulio Terrinoni ha invece riproposto un suo classico, la “trippa di rana pescatrice alla romana”, piatto di grande fantasia e di buon gusto, anche se non perfettamente riuscito nell’occasione itinerante. Per chiudere il “pesce marinato servito con tapenade di olive e cioccolato bianco” di Massimo Viglietti, un piatto pretenzioso e poco comprensibile per l’occasione.

Un buon esordio, nel complesso, per l’idea di Farinetti di mettere assieme un gran numero di chef stellati in un evento nazional-popolare, ma da ricalibrare e ripensare dotandolo di una regia di alto livello e di un servizio almeno dignitoso.

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