Per definire una nuova idea di Europa Nazione vanno individuati i confini giusti

13 Dic 2016 16:30 - di Lino Lavorgna

Premessa: Gentile Lettore, ho scelto un argomento che, me ne rendo conto, meriterebbe di essere trattato da qualcuno più autorevole di me, cosa che anche il deprecabile stato dell’Europa esige. Spero che non me se ne vorrà per questo saggio, che potrebbe spingere degli scrittori più abili a migliorarlo e a realizzarlo con maggiore discernimento e successo. Non dirò altro in mia difesa se non che questo lavoro è frutto delle mie attente meditazioni intorno alla pace dell’Europa. La gente dovrebbe davvero mancare di carità tanto quanto il mondo manca di quiete per essere seccata da una proposta così pacifica!

Carina la premessa, vero? Peccato solo che, pur avendola fatta mia, sia stata scritta da qualcun altro: un certo William Penn, autore della prima proposta di un Parlamento europeo eletto, con il compito di risolvere pacificamente le controversie tra stati. Correva l’anno 1693 e il fatto che risulti attualissima quasi quattro secoli dopo la dice lunga sulla strada da percorrere, prima di vederlo davvero realizzato quell’antico sogno degli “Stati Uniti d’Europa”.

Cionondimeno il terreno va arato in continuazione affinché non inaridisca del tutto. Quanto più le persone si rifugiano nel proprio orticello, spaventate dalle scellerate politiche dei tecnocrati di Bruxelles, tanto più occorre fare chiarezza e spiegare la differenza tra l’Europa dei mercanti e l’Europa dei Popoli. Un primo nodo da sciogliere, tuttavia, riguarda la confusione che regna in tema di confini geografici. Risulterebbe quanto meno strambo, infatti, parlare di “Europa Unita” sotto un’unica bandiera senza nemmeno sapere cosa s’intenda per Europa. Paradossalmente oggi viviamo ancora questa condizione, almeno relativamente ai confini orientali che, è bene precisarlo subito, possono essere fissati solo convenzionalmente. Ma vano fissati!

Una convergenza su posizioni condivise, tuttavia, è impresa più ardua dell’attraversare un oceano con una barca a remi e ciò emerge chiaramente dalla voce di riferimento nell’enciclopedia “Treccani”. 
“Dal 17° secolo venne proposta, quale confine tra Europa e Asia, la catena degli Urali. Soluzione ancora abitualmente seguita, ma non soddisfacente per vari motivi: a) la catena uralica, poco elevata, non costituisce in alcun modo una discontinuità o una barriera e non ha significato politico, economico, culturale;

b) i paesaggi, naturali e umani, si ripetono pressoché identici ai due lati della catena; c) gli Urali terminano alla latitudine di circa 50° Nord. Più a Sud nessun elemento fisico può essere ragionevolmente assunto quale confine dell’Europa”.

Quest’ultimo dato determina delle posizioni ancora più contrastanti: alcuni ritengono che il confine sia segnato dal corso del fiume Ural; altri dal fiume Emba, entrambi con bacino nel Mar Caspio, distanti poco meno di un centinaio di chilometri. Irrilevante e da scartare a piè pari la tesi di coloro che fissano il confine naturale nella catena caucasica, che si dipana da Ovest a Est tra il Mar Nero e il Mar Caspio. Non si comprende, infatti, la linea di demarcazione tra Nord e Sud, che convenzionalmente dovrebbe collocarsi intorno al meridiano che taglia al centro il Bassopiano Sarmatico, spostando in tal modo di oltre 1000 chilometri a ovest il confine segnato dagli Urali e avvicinandosi, quindi, alla soluzione più accreditata, sancita dal geografo Philip Johan von Strahlenberg, che fissa i confini sulla linea di demarcazione della depressione del Kuma-Manyč, nel sud-est della Russia. Resta da comprendere, però, come si faccia a conciliare tale ipotesi con l’inserimento nel continente dei tre paesi a sud della catena caucasica: Georgia, Armenia e Azerbaigian, che oggi figurano nell’elenco degli Stati Europei, mentre ai tempi dell’URSS erano inseriti nell’area asiatica, come facilmente verificabile sul Grande Atlante Geografico De Agostini.

Sempre dall’Enciclopedia Treccani si apprende che, “nell’impossibilità di definire con esattezza il limite dell’Europa verso Est, si utilizzerà la linea ideale che unisce le foci del Don (Rostov) e della Dvina Settentrionale (Arcangelo), lasciando quindi al di là la massima parte del territorio russo e l’intera regione caucasico-caspica”.

Un bel caos, come si vede, perché ogni soluzione prospetta delle “divisioni” territoriali di stati che si trovano un po’ di qua e un po’ di là. Non per mera volontà semplificatrice, ma solo perché è corretto sostenere che le “affinità” elettive, laddove persistano (Armenia e Georgia, per esempio, e ovviamente gran parte della Russia, non solo quella meramente occidentale, già inserita nel contesto europeo), possono essere coltivate a prescindere dalla effettiva collocazione geografica, non è condivisibile nessuna delle tesi succitate. E’ fuorviante e manichea la confusione imperante, nonché irrazionale, proprio perché tenta di conciliare l’inconciliabile. Come si fa a stabilire che a dieci metri (o a cento, o a mille metri) più a est dell’ipotetica linea di demarcazione vi siano tipi umani che possano a giusta causa definirsi diversi da quelli residenti sul lato opposto, ad analoga distanza dal confine? E’ ben chiaro, pertanto, come anticipato, che la struttura dei confini può essere stabilita solo “convenzionalmente” e, soprattutto, va ridimensionata nella sua importanza a favore di un principio di stampo universalista, che deve tendere a creare i migliori presupposti per sviluppare la fratellanza tra i vari popoli. L’Europa sul confine orientale, pertanto, sotto il profilo geografico deve seguire la linea di demarcazione che separa la Finlandia, i tre paesi baltici, la Bielorussia e l’Ucraina (oramai senza la Crimea) dalla Russia. Restano fuori, quindi, (sia ben chiaro: geograficamente parlando) le cosiddette parti europee di Russia e Kazakistan, la Georgia, l’Azerbaigian e l’Armenia. A Sud resta fuori la parte europea della Turchia e, di conseguenza, a maggior ragione ne resta fuori la parte asiatica, tanto per chiudere in modo netto e definitivo ogni discorso sul possibile ingresso della mezzaluna nell’Unione Europea. Cipro del Nord costituisce un abominio e va considerato un territorio occupato indebitamente da una potenza che si avvale del suo ruolo di alleato dell’Occidente per perpetrare, all’interno e all’esterno, crimini e misfatti intollerabili. Cipro del Nord è destinato a ricongiungersi al suo territorio naturale, secondo i dettami della risoluzione 541 dell’ONU e dell’Unione Europea. Definiti in modo razionale i confini geografici del continente, è possibile stabilire con maggiore raziocinio un reale progetto federativo che si configuri come Europa Nazione e dia finalmente luce agli “Stati Uniti D’Europa”.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *